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Renzi da Napolitano: premier al posto di Letta, ma solo se fino al 2018

Giulio Bucchi
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Fine delle schermaglie e dei giochini, adesso Matteo Renzi deve fare sul serio. E' questo il messaggio lanciato dal presidente Giorgio Napolitano al segretario del Pd nel vertice di 2 ore di lunedì sera al Quirinale. Secondo i retroscena, il Capo dello Stato si sarebbe stancato di attendere una decisione da Renzi sul futuro dell'esecutivo guidato da Enrico Letta: se il capo del Partito democratico intende confermare la fiducia e rilanciare, come dice a parole da settimane, l'azione del governo allora si deve impegnare davvero, magari suggerendo quattro o cinque nomi di ministri per un rimpasto più simile al Letta-bis. Di alternative ce ne sono poche: o staffetta, con Renzi a Palazzo Chigi (scenario verso cui spingono molti renziani), o ritorno al voto. Con o senza riforma elettorale.  Il rimpasto di Letta - Il pressing di Napolitano su Renzi è singolare, perché è il grande temporeggiatore per una volta a mettere fretta all'uomo delle accelerazioni. D'altronde la situazione, parola di Letta, "è insostenibile". Da un lato il premier, un po' per orgoglio e un po' per calcolo personale, non vuole mollare: "Chi parla di mie dimissioni fa fantapolitica", avrebbe confidato ai suoi fedelissimi. L'obiettivo è quello di mediare con Renzi e restare a Palazzo Chigi, sostituendo i ministri più indigesti al Rottamatore: Annamaria Cancellieri (Giustizia), Enrico Giovannini (Lavoro), Flavio Zanonato (Sviluppo), Massimo Bray (Beni culturali) e la già dimissionaria Nunzia De Girolamo (Agricoltura). Il toto-sostituti ad oggi vede in crescita i renziani Maria Elena Boschi (Lavoro? Sviluppo?), Paolo De Castro (Agricoltura) e il portavoce Lorenzo Guerini, oltre a Michele Vietti (Giustizia?). Di sicuro, Letta ha bisogno di mettere in campo una "iniziativa" pesante fatta di nomi e progetti da presentare nei prossimi giorni a Napolitano, nel loro faccia a faccia programmato. Possibile che il premier, in cambio di qualche sacrificio, chieda al Colle e alla segreteria del Pd di restare a Palazzo Chigi qualche mese in più rispetto ai 18 annunciati a inizio mandato (la riforma elettorale si può fare in poche settimane, quella del Senato no di certo). Di quei 18 ne sono sono passati già 10, e Renzi non pare intenzionato a concederne altri. Renzi: Premier sì, ma fino al 2018 - Di mesi, invece, Renzi potrebbe chiederne. Se dovrà andare a Palazzo Chigi, è il ragionamento del segretario, non potrà essere una soluzione tampone. La condizione posta da Napolitano nella cena di lunedì sera è chiaro: deve essere lui a "obbligare" Letta e Parlamento a fare le riforme. Per farlo, avrà bisogno però di spalle larghe e coperte e di tempo. La contro-condizione di Renzi, sempre più tentato da un'avventura da premier senza l'investitura del voto popolare, sarebbe questa: se deve salire a Palazzo Chigi e mettere a rischio la propria credibilità, allora deve avere la garanzia di rimanerci fino al 2018. Il rischio, naturalmente, è quello di bruciare le proprie chance di fronte agli elettori. Lo sa metà Pd, quello anti-renziano, che infatti vorrebbe fargli fare la fine di Massimo D'Alema, premier nel dopo-Prodi I. Silvio Berlusconi resta a guardare il braccio di ferro tra Renzi e Letta, convinto che la soluzione migliore sia votare anche a ottobre.

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