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Renzi premier, così ha fregato Letta. Enrico furioso: "Il Pd mi sfiduci"

Giulio Bucchi
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Un Lanzichenecco, un "inaffidabile", un furbacchione che l'ha preso in giro per settimane. Enrico Letta è furioso con Matteo Renzi, il suo più che probabile successore a Palazzo Chigi. I fedelissimi del quasi ex premier lasciano intendere come la sua delusione sia al massimo: fino a poche ore fa, diciamo martedì pomeriggio, la convinzione di Letta era quella di aver convinto il presidente Giorgio Napolitano e il Pd di poter andare avanti, magari con un "rimpasto" e qualche ministro nuovo e la presentazione di quel tanto strombazzato "Impegno Italia", un patto di coalizione che riunisse ancora una volta dem, Scelta civica e Nuovo Centrodestra. Poi è arrivata la slavina: i montiani gli chiedono di dimettersi e così avrebbero fatto anche Angelino Alfano e Maurizio Lupi, saliti a Palazzo Chigi per consultarsi con il presidente del Consiglio. Lui negava: "Mi hanno detto di restare". Peccato che poco dopo sia Alfano sia lo stesso Quirinale abbiano confermato come il pallino, ormai, ce l'abbia Renzi: "Decida cosa fare". E il segretario Pd ha già deciso: andrà a Palazzo Chigi.  Faccia a faccia a Palazzo Chigi - Ci è andato questa mattina, mercoledì 12 febbraio, per parlare con Letta. Un'ora di faccia a faccia, su cui ancora vige il massimo riserbo. Probabilmente il premier si sarà tolto qualche sassolino. Lo hanno accusato di non aver capito quel che stava succedendo, di aver perso tempo, di essere stato immobile mentre Renzi e renziani brigavano per rubargli il posto. "Se ho tenuto nel cassetto la mia proposta di rilancio - spiegava amareggiato nelle ultime ore - è perché mi sono fidato di Renzi, che mi chiedeva tempo per garantire il percorso delle riforme. Io sono sempre stato leale". E pensare che Renzi a inizio anno si lamentava: "Enrico non si fida di me...". Il guaio è che mentre il segretario diceva di pensare alle riforme, al Jobs Act (finora, molto fumo e poco arrosto) contemporaneamente tesseva la tela per intrappolare il premier. Che infatti ora scuote il capo: "Era tutto un bluff".  "Il Pd mi deve sfiduciare" - Il confronto finale probabilmente non sarà quello di oggi, mercoledì ma quello di giovedì, alla direzione del Pd. E Letta promette battaglia: "Io farò in modo che tutto accada alla luce del sole. Se Renzi vuole prendere il mio posto a Palazzo Chigi deve dirlo a chiare lettere. Il mio partito vuole sfiduciarmi? Lo faccia nelle sedi opportune, perché io non mi dimetto". Il sindaco di Firenze vorrebbe accelerare tutto, arrivare alla nomina di Napolitano già domenica sera o lunedì mattina. Considerando i tempi, servirebbe un blitz. Letta dovrebbe arrendersi e dimettersi, giovedì il Pd dovrebbe investirlo della "candidatura", Napolitano procedere con consultazioni-lampo nel weekend (abbastanza scontate, nel caso, perché Scelta civica e Ncd sarebbero favorevoli a un governo Renzi, tutti gli altri no, compresa Forza Italia che parla di "governo Cip e Ciop") e poi via all'incoronazione. D'altronde, la squadra dei ministri sarebbe in gran parte già pronta. Certo, Renzi e Pd farebbero una pessima figura. Qualcuno tira in ballo la "staffetta" Prodi-D'Alema nel 1998 (anche se Baffino, con una piccata quanto tempestiva lettera al Corriere della Sera, prende le distanze), altri come Antonio Polito sempre sul Corriere è costretto ad ammettere come tutto sommato questo Pd sia pure peggio della vecchia, vituperata Democrazia cristiana. "Almeno quelli governavano", scrive l'editorialista. Su complotti e coltellate alle spalle, siamo pari. di Claudio Brigliadori

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