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Sondaggio dell'Istituto Cattaneo, al referendum vince il "sì"? Silvio Berlusconi decisivo per la formazione di un nuovo governo

Fausto Carioti
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La grande domanda ha avuto una prima risposta. Cosa succede se al referendum del 20 e 21 settembre, come prevedono i sondaggisti, vincono i favorevoli al taglio dei parlamentari, e a seguire i giallorossi approvano una legge elettorale proporzionale, col chiaro intento di sabotare la vittoria del centrodestra alle prossime elezioni? Succede che Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia, se mantengono i consensi attuali, conquistano comunque la maggioranza dei seggi, sia alla Camera sia al Senato. E quindi, volendo, potrebbero governare insieme. Ci riescono per poco, con un margine esiguo. Eppure ce la fanno. La simulazione l'hanno condotta quelli dell'istituto Cattaneo, che di queste cose se ne intendono.

A ogni lista hanno attribuito la media delle intenzioni di voto nei sondaggi fatti ad agosto, secondo cui la Lega è il primo partito, scelto dal 25,8% degli elettori. Seguono il Pd con il 20,3% e i Cinque Stelle inchiodati al 15,8%. Una tacca più sotto ci sono i Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, al 14,8%, e parecchio più giù Forza Italia, col 6,5%. Quindi Azione di Carlo Calenda, Italia viva di Matteo Renzi e la lista di ultrasinistra (Leu+La sinistra), tutte sul 3%. Nulla da fare per +Europa, data all'1,5% e dunque, se corre da sola, fuori dal prossimo parlamento. Hanno diviso questi consensi su base regionale, ricalcando la distribuzione uscita lo scorso anno dalle urne per le Europee. Dunque hanno provato a vedere cosa accadrebbe in due ipotesi: se la nuova legge escludesse dal parlamento le liste che ottengono meno del 5%, come prevede la proposta attuale, e se tale soglia fosse abbassata al 3%, come vorrebbero i renziani e gli altri partitini di sinistra, che ne fanno una questione di sopravvivenza.

 

Il risultato, concludono gli studiosi, è che in ambedue le ipotesi i tre partiti di centrodestra «avrebbero una risicata maggioranza di seggi sia alla Camera che al Senato (tra il 51% e il 55%)». Determinante risulterebbe quindi Forza Italia, che, pur indebolita, «potrebbe controllare una quota di parlamentari decisiva per la formazione di un governo di centrodestra. E questo varrebbe sia alla Camera che al Senato».

CENTROSINISTRA AL PALO
Dei 391 seggi da deputato oggetto della simulazione (il lavoro non tiene contro degli eletti all'estero e in Valle d'Aosta), in caso di soglia di sbarramento al 5% la Lega ne avrebbe 119, Fdi 68 e Forza Italia 30. Il totale fa 217, al quale si dovrebbe poi aggiungere qualcuno dei nove deputati non considerati. Non un vantaggio clamoroso, su una Camera composta da 400 membri, ma si sono visti governi reggere per anni con margini assai più esigui. Il Pd si fermerebbe a quota 93 e assieme alle altre sigle di centrosinistra (6 deputati in tutto, eletti grazie al «diritto di tribuna» previsto dalla legge elettorale) andrebbe poco lontano. Sommando i 73 grillini, l'attuale coalizione giallorossa si troverebbe inevitabilmente all'opposizione, distaccata in aula dal centrodestra di ben 45 voti. Stesso discorso al Senato: qui la Lega, Fdi e Forza Italia controllerebbero 109 seggi (60+37+12) sui 196 oggetto della simulazione, a buona distanza da Pd (44 eletti) e M5S (38). Il divario si ridurrebbe se la soglia fosse fissata al 3% e i partitini di sinistra riuscissero davvero a scavallarla (cosa tutt' altro che sicura). Con Italia viva, Azione e la lista di ultrasinistra così rappresentate, il centrodestra a Montecitorio si fermerebbe a 198 (la maggioranza, sui 391 deputati considerati) e a Palazzo Madama a 106 (su 196). Comunque avanti ai giallorossi, che non andrebbero oltre i 191 deputati e gli 88 senatori.

 

 

MOSSA DISPERATA
In ogni caso l'introduzione di un sistema elettorale proporzionale, avverte l'istituto Cattaneo, «renderebbe sempre più determinanti i partiti "minori" di centro (come Forza Italia, Azione o Italia viva), in grado di condizionare, con il loro "potere di ricatto", la formazione e la sopravvivenza dei governi». Le cose sarebbero molto diverse se si votasse con un sistema misto tipo quello attuale, che prevede una componente di maggioritario, cioè finalizzata a premiare chi - appunto - ottiene la maggioranza dei suffragi. In questo caso, scrive l'istituto Cattaneo, «in base alle intenzioni di voto stimate dai sondaggi, si potrebbe determinare una chiara, confortevole maggioranza, alla Camera e al Senato, di uno dei due schieramenti. Si tratterebbe, con più elevata probabilità, dello schieramento di centrodestra». E questo spiega perché i giallorossi sono così determinati a cambiare le regole del voto: piuttosto che vedere i loro avversari governare con numeri solidi, preferiscono infliggere all'Italia altri decenni di governicchi.

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