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Giuseppe Conte, un premier che vince soltanto se tace: il segno della sua debolezza politica

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Premier prezzemolino, almeno nei giorni più drammatici del coronavirus: ogni giorno un discorsino, in diretta Facebook, spinto dal fido Rocco Casalino. Si parla di Giuseppe Conte, il presunto avvocato del popolo che poi non ha più proferito parola. O quasi. Soprattutto sulle regionali. Quelle regionali che avrebbero potuto costargli la poltrona in caso di sconfitta in Toscana e Puglia. E invece no. I giallorossi, più i rossi che i gialli, tengono in entrambe le regioni (il M5s, infatti, prende pochissimi voti). E Conte, sornione, sorride. Resta in sella, anche se le tensioni in maggioranza restano. Strappa la conferma a Palazzo Chigi. Ma ora non si può fare a meno di notare come il voto non lo abbia punito proprio dopo il suo lungo silenzio. Insomma, al presunto avvocato del popolo conviene tacere. Non è tanto una questione di cabala, quanto un'evidenza politica: se parla, sono danni. Se tace, sono poltrone. O meglio, è poltrona: quella che potrà (per ora) tenersi (grazie al suo lungo silenzio?). Un sintomo della sua debolezza politica.

 

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