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Beppe Grillo, l'ultima follia del comico: vuole togliere anche il lavoro che non c'è

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Beppe Grillo

Carlo Nicolato
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Al principio era il Mortadella: con l'euro, disse, lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più. L'uscita non portò molta fortuna. Ma questa ormai è storia, ora è il tempo di Grillo che sostiene che lavorando meno e guadagnando lo stesso saremo tutti più felici, ne gioverebbe il clima generale e perfino quello meteorologico, come dimostrano calcoli ed esperimenti. In particolare ci sarebbe uno studio commissionato dal movimento (non proprio disinteressato) "4 Day Week", che appunto sostiene che lavorando 4 giorni alla settimana si ridurrebbero le emissioni del 20%. Cioè, scrive testualmente il blog del leader dei 5Stelle, «l'equivalente a togliere dalla strada l'intera flotta di auto private a combustibile». 

 

Ma soprattutto ci sarebbero tanti esperimenti che proverebbero che lavorare 4 giorni alla settimana è un toccasano per famiglie ed economia, per i lavoratori e perfino per le aziende che si gioverebbero della maggiore produttività dei dipendenti. Certo, a chi non piacerebbe lavorare meno e guadagnare come se si lavorasse a tempo pieno, ma è davvero sostenibile per le imprese e per i conti dello Stato? Si cita euforicamente il caso di un esperimento in Islanda durato 4 anni, dal 2015 al 2019, il cui risultato è stato definito (dal direttore della ricerca Will Stronge) un «successo travolgente», in termini di qualità di vita e produttività. L'esperimento però ha riguardato appena 2.500 lavoratori, ovvero l'1% della forza lavorativa dell'Islanda, Paese praticamente privo di industria significativa e con un pil di appena 24 miliardi, di non poco inferiore a quello della Calabria. 

È evidente a tutti che un campione di lavoratori islandesi non può essere preso come esempio per Paesi più grandi, società più complicate ed economie infinitamente più importanti. C'è però un altro esperimento che potrebbe invece cambiare le carte in tavola, quello fatto dalla Microsoft in Giappone, ben altra economia, ben altra situazione aziendale. Un successo anche in questo caso, con un aumento di produttività stimato addirittura del 39,9% e un apprezzamento tra i dipendenti del 92%. Ma anche qui ci sono grossi limiti, in quanto la prova è durata appena un mese e il Giappone, si sa, è un Paese dove i lavoratori sono perfino disposti a sacrificare la vita (il famoso "karoshi") per ottenere i risultati prefissati. Il governo giapponese ha comunque inserito nelle linee guida del Piano Economico annuale la possibilità per le aziende di ridurre la settimana lavorativa, mentre altri Paesi come Spagna, Scozia e Nuova Zelanda starebbero per lanciare piani pilota per la settimana corta. Resta il fatto che l'unico Paese che ha introdotto la settimana lavorativa di 35 ore è la Francia, anche se in senso orizzontale, ma non tutti, compreso il presidente Macron, sono così convinti della riuscita dell'operazione. 

 

Nella gran parte dei casi infatti le ore di lavoro non sono cambiate, ma sono aumentati gli straordinari, con maggiori spese per le aziende. C'è poi un altro fattore, e cioè che tra telelavoro e settimane corte le aziende saranno sempre più attratte dalla delocalizzazione, attratte cioè dai lavoratori a basso costo con sedi in Paesi con regole meno restrittive, disponibili a lavorare non solo per 5 ma anche 7 giorni alla settimana. E allora sì che la settimana lavorativa si accorcerà, fino a sparire del tutto. Stipendio compreso. 

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