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Mario Draghi, le parole dopo il via libera al Green Pass: retroscena, perché il premier si allontana dal Quirinale

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Trovato il compromesso: obbligo di Green pass per docenti e studenti universitari fin da subito mentre per trasporti a lunga percorrenza a partire dal primo settembre. Una richiesta quest'ultima avanzata dalla Lega, che non aveva alcuna intenzione di mettere a repentaglio le ferie degli italiani. Eppure per il restante decreto presentato da Mario Draghi e Roberto Speranza e contenente le nuove misure anti-Covid in vigore dal 6 agosto, il partito di Matteo Salvini ha dovuto fare un passo indietro. Non a caso alla fine del Consiglio dei ministri, quando il Carroccio fa filtrare da fonti ufficiali di essere soddisfatto per l'introduzione dei test salivari nella scuola, dentro la sala stampa di Palazzo Chigi tutti rimangono di stucco. Scorrendo il testo del decreto, infatti, non se ne trova traccia. E il nervosismo - è il resoconto de La Stampa - è tangibile.

 

 

Il dietrofront sull'obbligo di certificazione nelle scuole di Salvini arriva dopo un colloquio telefonico con il premier. Il presidente del Consiglio gli spiega il perimetro che il governo disegnerà nel pomeriggio. Ed ecco che l'opposizione alla norma che impone ai docenti il Green pass scompare. In cambio, Salvini può rivendicare due risultati ottenuti durante la Cabina di regia e il Cdm: l'introduzione dell'obbligo della certificazione sui mezzi di trasporto a lunga percorrenza (treni, navi e aerei) solo dal primo settembre e l'accesso senza limitazioni ai bar e ai ristoranti degli alberghi per i clienti delle strutture.

 

 

È soddisfatto Draghi, soprattutto di un risultato politico, una mediazione che rappresenta "un'atmosfera completamente diversa rispetto a quella di marzo". Secondo l'ex numero uno della Banca centrale europea si tratta di "risultati che devono spronarci a continuare con la stessa determinazione quando torneremo dalla pausa estiva", perché "sono ancora molti i provvedimenti che abbiamo in programma". Una dichiarazione che a febbraio il suo nome non sarà quello del prossimo inquilino al Quirinale.

 

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