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Luca Morisi, la balla del rumeno Alexander: "Mia madre rischia di morire". Eppure... una conferma al ricatto

Luca Morisi  

Alessandro Gonzato
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L'unica ricostruzione fornita da Petre che torna riguarda i soldi, e prende piede l'ipotesi che si sia trattato di un ricatto o di un accordo non rispettato finito in tragicommedia. Petre, uno dei due escort gay protagonisti del festino nella casa veronese di Belfiore, mercoledì aveva detto ai giornali che prima di partire il suo amico «aveva ricevuto da Morisi un bonifico di 2.500 euro». Il suo amico si chiama Alexander, o meglio è il nome che usa sul sito di incontri omosessuali GrinderBoy, e da tariffario per una trasferta di 24 ore chiede proprio 2.500 euro.

«Alexander», si legge sul suo profilo, «giovane ragazzo italo-spagnolo disponibile per farti passare momenti indimenticabili, 21 anni», tralasciamo i servizi offerti. Ha staccato il telefono, ma prima, toh, ha fatto in tempo a parlare al Corriere e Repubblica (da dove è iniziata l'inchiesta mediatica): «Sono il ragazzo di quella notte ma per favore non voglio dire niente. Mia madre non sta bene, è malata di cuore e non voglio che venga a sapere niente perché morirebbe se vedesse una mia foto sul giornale».

 

 

Quale modo migliore per mantenere l'anonimato di rispondere alla video-chiamata di un quotidiano? «State rovinando la vita del mio amico, non dovete rovinare anche la mia. Non abbiamo fatto niente». Continuiamo a non capire perché uno a cui stai rovinando la vita dovrebbe concederti interviste, peraltro dettagliate (anche se molto contraddittorie) nel caso di Petre. Ma tant' è. Petre, a proposito dei soldi, mercoledì aveva aggiunto: «A me ha dato 500 euro in contanti: (Morisi, ndr) aveva un debito da saldare perché ho sulla mia partita Iva il contratto del suo telefono».

Portato in caserma dai carabinieri dopo il festino del 14 agosto, avrebbe dichiarato che Morisi non gli aveva pagato la prestazione sessuale nonostante avessero pattuito la consegna di altri 1.500 euro, quindi in tutto 2mila, cifra compatibile con quella dell'amico-socio. «Andiamo a Belfiore», aveva raccontato a Repubblica tre giorni fa, «e il secondo bonifico non è mai arrivato». Morisi avrebbe avuto problemi con la carta di credito, ha riferito Petre, il quale nonostante nelle interviste a reti unificate ma dai contenuti divergenti (Corriere, Repubblica, Stampa) non ne avesse nemmeno fatto cenno, risulta che durante la chiamata ai carabinieri abbia esordito così: «Ci hanno fatto un furto, ci hanno fatto un furto!».

 

 

Era «strafatto», parole sue, stava malissimo, così ha ribadito, e anziché chiamare l'ambulanza ha chiamato i carabinieri. Per di più la vicina di casa ricorda di averlo visto camminare tranquillamente. Alcuni vicini ricordano di una lite in casa di Morisi tra il 13 e il 14 agosto. Fonti vicine all'inchiesta non escludono che i ragazzi abbiano portato la famigerata droga liquida, "Ghb" - la "droga dello stupro" - e che dopo il rifiuto di Morisi di consegnare una cifra più alta di quella stabilita per pagare le prestazioni l'abbiano ricattato minacciandolo di chiamare i carabinieri, com' è poi succes so. Da fonti investigative apprendiamo che la tecnica è particolarmente diffusa tra certi gigolò dell'Est Europa: «O sganci o ti sputtanano».

Ieri è nuovamente intervenuto il procuratore di Verona, Angela Barbaglio: «Ho sentito dire dalla stampa che c'era stata una chiamata al 112. Può benissimo essere che sia stato così. Quando ho parlato di controllo occasionale intendevo che si trattava di una cosa non originata da pregresse investigazioni. Può essere stato suscitato dalla chiamata di qualcuno, o da controllo di tipo stradale, dato che quelli erano i giorni di Ferragosto». E ancora, il procuratore: «I carabinieri sono intervenuti in maniera del tutto occasionale su un'auto individuando una boccetta di sostanza liquida, gli occupanti hanno sostenuto che si trattava di droga e che fosse stata ricevuta da Morisi. La circostanza, come pare potersi dedurre dalle affermazioni di qualcuno, che la notizia sia stata tenuta da noi artatamente nascosta per essere usata in periodo pre-elettorale mi pare ridicola».

 

 

Sulla "giustizia a orologeria": «Chi lo afferma spieghi quali sono le intenzioni della Procura o del reparto dei carabinieri. Da chi sia uscita questa notizia non tocca a me dirlo. Gli organi di stampa sanno quali sono i meccanismi attraverso i quali si può venire a conoscenza di determinate cose». Belfiore, come subito segnalato da Libero, prima dell'epoca napoleonica si chiamava Porcile. Per arrivarci si percorre la strada Porcilana. 

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