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Carlo Fidanza? Che caso, la registrazione che lo scagiona non viene pubblicata: i fascisti del pensiero in azione

Pietro Senaldi
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Fatale fu la serata in birreria. L'eurodeputato di Fdi Carlo Fidanza, su richiesta di Giorgia Meloni, si autosospende da ogni ruolo nel partito dopo il servizio confezionato dal sito Fanpage e mandato in onda da Piazza Pulita. Quasi tre anni di indagine giornalistica, tranelli, inganni, pedinamenti e trappole per caricare la pistola che può schiantare Fratelli d'Italia scodellati, guarda caso, tre giorni prima del voto, previo abile e fazioso montaggio. Tesi: Fidanza è un ladro e un fascista. Svolgimento: giornalista si finge imprenditore simpatizzante e si infiltra, dopo di che si propone di contribuire a un aperitivo elettorale. «Fai un bonifico o in nero ("black" pare dica Fidanza nel servizio, anche se l'interessato sostiene di aver pronunciato la parola "cash")?». Appuntamento la settimana dopo, in ufficio. L'eurodeputato stavolta è professionale: «Quanto vuoi versare: 4mila euro? Bonifica su questo conto». Il finto imprenditore chiede se può pagare in nero, Fidanza risponde picche e allora l'interessato si ritira, «perché i miei finanziatori non vogliono risultare legati a un partito». L'affare sfuma e con esso anche la parte della registrazione che scagionerebbe il meloniano. Al pubblico viene offerto solo lo spezzone imbarazzante, epurato della risoluzione dell'equivoco.

 

 

DANNO D'IMMAGINE
Tanto basta perché i giallorossi chiedano l'apertura di un'indagine e la Procura milanese risponda presente. Probabilità che la vicenda si risolva in una condanna penale: zero al cubo, ma intanto il danno d'immagine è fatto e le elezioni pure. Fratelli d'Italia chiede che vengano pubblicati anche i filmati che scagionano il suo deputato ma è come gridare al vento. Fin qui però il partito fa quadrato. A far precipitare la situazione per Fidanza è l'accusa di antisemitismo e razzismo che la sinistra gli rivolge per un secondo video. Al tavolo con "il barone nero" Roberto Jonghi Lavarini, noto fascistone non iscritto a Fdi, Fidanza lo sfotte mimando il saluto romano mentre lo rimprovera per i suoi discorsi indelicati tenuti poco prima in presenza di una sorella d'Italia di origine ebrea. Ciliegina finale, il solito seflie, solo che per sorridere non si dice «cheese» ma «Berizzi», dal nome del giornalista di Repubblica già manutengolo di una grottesca rubrica quotidiana di caccia al fascista immaginario nella quale il collega è riuscito a mettere la camicia nera a chiunque non canti "Bella ciao" come prima cosa appena sveglio. Ecco il risultato di tre anni di giornalismo militante alla ricerca del cuore nero che, secondo i progressisti, batte in ogni simpatizzante di Fratelli d'Italia, ma anche della Lega e fino a pochi anni fa perfino di Forza Italia. In un Paese normale sarebbe una colonna in cronaca, ma nell'Italia della politica progressita, che rispetto a quella che vive e lavora sta su Marte, proprio come i fascisti di Corrado Guzzanti, è uno scandalo nazionale. In mancanza di programmi nuovi, e per nascondere il poco- e male - fatto, la sinistra sotto elezioni si attacca al suo vecchio cavallo di battaglia, l'antifascismo di ritorno, giacché il fascismo, grazie al cielo, non è mai più tornato dalle nostre parti.

 

 

GRILLI PARLANTI
Spiace per Fidanza, bravo politico e bravo ragazzo e, come ricorda lui stesso «in trent' anni di impegno militanza senza macchia, non ha mai avuto atteggiamenti razzisti, antisemiti o estremisti». Carlo è stimato dalla Meloni, che lo ha descritto nel suo libro «un osso duro, di grande capacità dialettica, nonché uno dei pochi in grado di studiare» quanto lei. Tiene alta la bandiera al Nord da decenni, senza sudditanza e senza baciare la pantofola di Giorgia. Per questa sua indipendenza, forse più di uno si sta fregando le mani nel vederlo scivolare così ingenuamente su una buccia di banana. Bisogna stare attenti, è il commento dei grilli parlanti del giorno dopo. Invece no, in politica dovrebbero contare idee, sostanza, valori, non gaffe, ingenuità o cadute di stile. Non dico che la destra dovrebbe imparare a difendere l'indifendibile, come sta facendo certa sinistra, che continua a trattare il sindaco Lucano come un santo e un simbolo dell'integrazione anziché come un condannato per aver rubato allo Stato; ma alzare il bavero e tirare dritto quando arrivano certi spruzzi di fango non significa essere fascisti, bensì resistere al fascismo del pensiero, che dalle nostre parti ormai da decenni ha il rosso come unico colore. 

 

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