Che ne sarà di noi

Mario Draghi al Quirinale, niente voto e un nuovo premier? L'analisi: così l'esito stravolge il quadro politico

Il futuro di Mario Draghi dipenderà anche dalle conseguenze politiche delle elezioni amministrative. Dopo settimane passate a negare ogni tipo di effetto "romano" delle comunali, si attendono turbolenze anche dalle parti di Palazzo Chigi. Ci aveva già pensato Silvio Berlusconi ad agitare le acque ritirando fuori, a poche ore dallo spoglio, la storia della federazione di centrodestra, che con Forza Italia possa includere anche Lega e soprattutto Fratelli d'Italia. Un meccanismo che una volta innescato pare condurre, ovviamente, alla fine di questa maggioranza tutti-dentro. 

 

 



Da questa sera, però, ognuno inizierà a fare i propri conti anche a sinistra, con rischi e convenienze. Il Pd per esempio potrebbe avere qualche convenienza in più a correre alle urne prima del 2013, e a oggi solo il Movimento 5 Stelle sembra paradossalmente ingessato in Parlamento, a meno che Giuseppe Conte non intenda rischiare il tutto per tutto e smettere di vivacchiare, a costo di ritrovarsi dopo le elezioni politiche con un partitino "personale". Non è un caso dunque, che annusando l'aria, oggi il "partito di Draghi", come spiega un retroscena di Repubblica, spinga il premier non tanto a restare dov'è quanto a fare un passo sul Quirinale. Draghi presidente della Repubblica vuol dire rimescolare le carte. 

 

 

"Sono in tanti a scommettere che questo Parlamento non si lascerà mandare a casa facilmente - aggiunge però Repubblica -. Per due ragioni alquanto prosaiche. La prima è che con il taglio dei parlamentari saranno in molti di meno a rientrare (l'unico partito a non avere questo problema è Fratelli d'Italia). La seconda è che fino a quattro anni, sei mesi e un giorno - quindi fino al 15 settembre del 2022 - gli attuali parlamentari non matureranno la pensione. Che sarà anche poca cosa, rispetto ai fasti di un tempo, ma è comunque una garanzia considerata ormai troppo vicina per potervi rinunciare".

 

 


Si potrebbe insomma non votare in primavera, subito dopo le elezioni del presidente, ma si potrebbe tornare alle urne in autunno, con un governo-ponte di sei mesi o giù di lì. Oppure, magari sulla spinta dei "desiderata" di Bruxelles, "un governo ponte fino alla fine della legislatura. Che potrebbe nascere però a un'unica condizione: nessuno dell'attuale maggioranza dovrebbe sfilarsene". Una riproposizione in minore dello schema Draghi, con come premier uno dei suoi attuali bracci destri, un altro tecnico come il ministro dell'Economia Daniele Franco. "autentica emanazione di Mario Draghi al governo. Una sorta di avatar, che aiuterebbe a dare l'impressione - anche all'estero - che dal Colle l'ex presidente della Bce possa ancora tenere sotto controllo la situazione in una fase molto delicata come quella della discussione del nuovo patto di stabilità". 

E c'è anche chi, con un pizzico di malizia, fa notare come il disastroso dato dell'affluenza a livello nazionale, in questa tornata di amministrative, sia in un certo senso un "assist" a Draghi, sia che resti premier sia che vada al Quirinale. Già, le poche persone al voto sembrano una conferma al fatto che gli italiani non abbiano la "smania" di tornare al voto, altrimenti l'arci-noto e arci-citato "voto di protesta" avrebbe spinto molte più persone al voto. E così, Draghi, può pensare con più serenità alle ipotesi sul tappeto: lui al Quirinale e il fedelissimo a Palazzo Chigi? Chissà...