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Salvini e Bolsonaro? La sinistra si indigna, ma sono i compagni ad omaggiare sempre i "cattivi"

Gianluca Veneziani
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Ma da che pulpito viene la predica! Vi indigna, eh, vedere Salvini incontrare un presidente democraticamente eletto, come il brasiliano Jair Bolsonaro. E ritenete che la sua «presenza sia indigesta», come ha detto il grillino Mario Perantoni. E pertanto vi considerate legittimati a protestare, come hanno fatto ieri a Pistoia centri sociali e antagonisti, o a disertare, come ha fatto il vescovo della città. Peccato che voi cattocomunisti, grillini e gente varia di sinistra, soffrite di un doppio male: la memoria corta e lo strabismo cronico. Non vi ricordate di quando i vostri leader incontravano brutti ceffi. E, se pure ve ne ricordate, guardate a quegli incontri con occhio indulgente perché, quando il personaggio ingombrante è di sinistra o islamico, allora è solo un compagno che sbaglia (non troppo) o una simpatica canaglia. Se invece è un sovranista, è un nemico del popolo. Visto che i compagnucci sono smemorati o strabici, glieli ricordiamo noi quegli incontri scomodi. Che ne pensate di quella passeggiata nel 2006 tra Massimo D'Alema, allora ministro degli Esteri, e un deputato di Hezbollah, gruppo terroristico anti-israeliano, con cui l'altro se ne andava a braccetto per le strade di Beirut?

 

 

 

E che ne dite di quei suoi incontri con un altro presidente brasiliano, il comunista Lula, condannato per corruzione e riciclaggio (accuse dalle quali, sebbene le condanne siano state annullate, non è stato assolto) e tuttavia ritenuto frequentabile dagli italo-comunisti? Non solo da D'Alema, ma anche dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri, che da ministro dell'Economia lo ha incontrato a febbraio 2020, dopo essere andato a trovarlo in carcere in Brasile due anni prima. Un abboccamento dal quale non poteva esimersi l'allora segretario del Pd Nicola Zingaretti che, poco prima che impazzasse la pandemia, trovava il tempo di stringere la mano a Lula. Cioè l'uomo che si è sempre rifiutato di consegnarci Cesare Battisti. Quanto a frequentazioni sudamericane discutibili non si può non ricordare il doppio incontro di delegazioni grilline, nel 2017 e 2019, coi ministri di Maduro, il presidente venezuelano che sta affamando il suo popolo. Forse volevano emulare D'Alema, che nel 2008 aveva siglato un accordo con Chávez, predecessore di Maduro. Ma parliamo di poca cosa rispetto alle reiterate strette di mano sinistre con Fidel Castro. Lo incontra ripetutamente Romano Prodi negli anni da premier: ne resterà positivamente impressionato tanto da definire, alla sua morte, quella incarnata da Castro «la speranza di un comunismo diverso». E lo va a trovare Fausto Bertinotti, da segretario rifondarolo, definendo la Cuba castrista «una terra miracolosa».

 

 

 

Con lo stesso interesse con cui ha guardato ai tiranni latinoamericani, la sinistra ha mostrato sorrisi a personaggi controversi del mondo arabo. Il palestinese Arafat è stato il campione degli esponenti rossi, da D'Alema a Prodi che lo hanno accreditato come interlocutore, fino a Federica Mogherini, immortalata da giovane fan col leader palestinese. Ma anche Gheddafi, per l'amicizia col quale Berlusconi ha subito insulti, è stato incontrato più volte da Prodi, in veste di presidente della Commissione Ue. Caso singolare è quello del curdo Ocalan, artefice di azioni terroristiche, nel 1998 prima accolto in Italia come richiedente asilo grazie all'appoggio di Rifondazione Comunista (fu Bertinotti a incontrarlo) e poi scaricato dal premier D'Alema. Ma uno come Baffino, che ha abbracciato i peggiori leader, avrebbe potuto anche non fare lo schifiltoso con Ocalan. All'elenco manca Di Maio, che forse avrebbe voluto incontrare Pinochet, prima di scoprire che era già morto e non era il dittatore del Venezuela. 

 

 

 

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