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Matteo Salvini, la confessione: "Non mi arrampico sugli specchi, sul reddito abbiamo sbagliato"

Matteo Salvini

Pietro Senaldi
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Forse sta per cambiare qualcosa nel centrodestra, all’impasse da quando è entrato nel governo e in balìa di rivalità e calcoli personali. C’è finalmente una buona notizia. Salvini è tornato a parlare da Salvini, chiaro, sincero, umano, spiccio, senza calcoli e senza stare a pensare quale sarebbe la frase giusta per accontentare alcuni elettori leghisti senza scontentarne altri. Il Covid, ma soprattutto la strategia anti-Covid, ha diviso il Paese non politicamente ma nel rapporto con la scienza. Corretto per un leader cercare di dare voce e rappresentare le posizioni di tutti, proprio perché non si parla di politica e perché nessuno in guerra deve sentirsi escluso, un cittadino di serie B, ma le scelte vanno difese e quando si sta al governo non si può dare l'impressione di volerci uscire ogni momento, altrimenti la gente guarda altrove.

Il Salvini intervenuto agli Stati Generali dei Consulenti del Lavoro, a Roma, è un uomo che non nasconde le difficoltà, del Paese e proprie, fa autocritica ma vuol dare la sensazione di aver ritrovato la via. E la voglia. «Non ne posso più di una vita a distanza» esordisce, facendo intuire che sì, la difficoltà di incontrare gli elettori gli è pesata a livello di consenso, perché lui è un leader tra la gente, ma anche umanamente, dal punto di vista personale. Quel che più lo opprime però è stare al governo con M5S e Pd, «un sacrificio fatto perché siamo in emergenza nazionale e che la Lega sta pagando in termini di consenso». Ma un sacrificio sul quale Matteo non nutre dubbi «perché il partito viene dopo il Paese».

 

 

FASE NUOVA - Già, il partito. Le cronache degli ultimi mesi lo descrivono diviso sul fronte Covid. È spesso sembrato che alla fine fossero i governatori, con il ministro plenipotenziario Giorgetti, a tracciare la linea sull'emergenza e a tirarsi dietro il leader, tra il perplesso e il riluttante. Forse ha pesato nel comportamento del Capitano la crescita di Fratelli d'Italia, che dall'opposizione ha le mani libere e, quando la quarta ondata non si era ancora alzata come negli ultimi giorni, aveva libertà di sparare. Ora siamo già entrati in una nuova fase dell'estenuante lotta al virus. Non c'è da scherzare, Salvini l'ha capito e conferma la scelta fatta nei mesi bui dell'inverno scorso, quando bisognava mandare a casa Conte e i giallorossi a tutti i costi. Allora la Lega rispose all'appello delle imprese, dei ceti produttivi, di tutti quegli italiani che non ne potevano più di banchi a rotelle, didattica a distanza, mascherine pagate come abiti d'alta sartoria, zone multicolor e cacasenno impomatati che ogni sera si esibivano nel loro pistolotto televisivo mentre la gente in ospedale moriva.

 

 

Salvini si turò il naso e spedì Giorgetti, Garavaglia e Stefani al governo, unici ministri politici, di tutti i partiti, che dialogano con Draghi anziché scodinzolarci intorno. Poi c'è stato il lungo disagio, la difficoltà di essere alleati dei giallorossi, che il leader leghista esprime quando dice che «il reddito di cittadinanza è stato un errore, sono soldi sprecati, nove miliardi che sarebbero serviti se dati alle imprese, perché gli esiti al momento sono fallimentari». Pesante anche la convivenza con la sua erede, la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese. «Quando arriva la variante africana e sbarcano cinquecento immigrati c'è da preoccuparsi» ha attaccato Matteo, che però è apparso più tranquillo rispetto a qualche settimana fa, forse perché l'esperienza di Draghi è giunta al giro di boa. Chi parla tutti i giorni con Salvini sa che il Capitano non crede che si voterà nel 2022. Ciononostante, ostenta ottimismo per il futuro. È convinto che le elezioni del nuovo capo dello Stato segnino un punto di svolta. Per la prima volta il Pd non riuscirà a mandare sul Colle un proprio notabile. Da quel momento, soprattutto se al Quirinale dovesse finire Berlusconi, tutto sarebbe in discesa, per la Lega e per il centrodestra. La scelta di Conte di totale subalternità al Pd ha disgustato molti elettori grillini. Letta, per fagocitarsi M5S, sta riportando i democratici ai tempi dei Ds e di D'Alema, troppo a sinistra. Il centro è un affollamento di incompiuti.

 

 

LEGGE ELETTORALE - Se la legge elettorale resterà questa, il centrodestra darà le carte e Matteo è convinto di avere uomini di partito più spendibili e un profilo personale più istituzionale rispetto a Fdi. Se invece, da non escludere, ci sarà il proporzionale, la Lega avrà il pallino in mano. Con l'esecutivo giallorosso Salvini ha studiato, vivendo l'ebbrezza degli anni universitari. Con Draghi sta imparando la professione, sono gli anni duri del praticantato. Ha dovuto inghiottire molti bocconi amari, ma in settimana ha portato a casa il taglio delle tasse. Non è quello promesso, c'è da accontentarsi del bicchiere mezzo vuoto, ma è qualcosa. La scommessa dell'appoggio a Draghi era fare della Lega un partito di governo al quale nessuno possa fare l'esame del sangue e che tutti ritengo affidabile e competente a livello nazionale come lo è a livello regionale. In un Paese normale non ce ne sarebbe stato bisogno. Comunque, siamo a buon punto del percorso.

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