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Quirinale, l'avvertimento di Lamberto Dini: "Ecco chi sarà determinante". Ribaltato il quadro politico

Francesco Specchia

Siccome la civetta di Atena vola sempre al crepuscolo, la saggezza che si posa sui novant' anni di Lamberto Dini l'americano è la chiave di volta per leggere l'Italia che balla sulle ginocchia di Draghi che gli americani (e il resto del mondo) oggi applaudono. Non a caso, d'altronde, Dini è stato il più tecnico dei premier. Ricorda qualcuno...

Caro Dini, L'Economist ci nomina "paese dell'anno" e dice che Draghi deve rimanere a palazzo Chigi. È d'accordo con l'analisi dell'Italia fatta dal mondo anglosassone?
«Be', è indubbio il riconoscimento da parte della comunità internazionale: Draghi ha accelerato la vaccinazione, ha imposto il ritmo perla realizzazione del Pnrr. Certo, il Capo dello Stato poi lo decide il Parlamento italiano, non l'Economist. Draghi è adatto sia per Chigi che per il Quirinale. Non c'è nessun altro in questo momento, in Italia, con quello standing e autorevolezza».

A proposito di Capo dello Stato. Qualcuno azzarda che Draghi possa farlo interpretando in modo presidenzialista l'art. 66 della Costituzione. E che al suo posto potrebbe andare Franco (cioè un uomo di strettissima fiducia di Draghi). È verosimile?
«Non vedrei bene la scelta del dottor Franco, perché ha poca esperienza governativa. Rifiuto l'idea di chi afferma che, una volta al Colle, Draghi possa forzare la Costituzione. C'è già stato il precedente di Ciampi che aveva lo stesso background di Draghi, ma non ha mai abusato delle sue competenze economiche per influenzare il governo. Anzi. Credo che Draghi sia un patriota, nel senso cercato da Giorgia Meloni. Ma non significa che dal Quirinale il Presidente non possa consigliare il governo. Quand'ero io Premier, con Scalfaro ci riunivamo ogni giovedì: si teneva aggiornato, consigliava...».

Macron critica la nostra politica di contenimento pandemico. Non è che magari le president è turbato dalla leadership di Draghi che s' allarga in Europa?
«Draghi, sui tamponi, ha preso delle decisioni per le quali era desiderabile ma non obbligatoria la comunicazione preventiva all'Ue. E non vedo come Macron possa criticare, dato che lui stesso sta bloccando le frontiere francesi al Regno Unito. Da lì entrano solo i francesi o gli stranieri residenti in Francia: una misura estremamente più radicale. Tra l'altro ci sono venuti dietro la Grecia, il Portogallo».

Però non mi ha risposto. Gliela giro così: nel dopo Merkel Draghi può essere la guida d'Europa?
«Credo ci troveremo di fronte a un triumvirato Francia-Italia-Germania. E il cancelliere Scholz è più aperturista verso la Ue rispetto a Merkel, specie sulla riforma del Patto di Stabilità. Ma quello che mi stupisce davvero è l'aperturismo del premier olandese Mark Rutte. Anche se poi la decisione si prende all'unanimità...».

Questa cosa che per muover un muscolo ci voglia l'unanimità di tutti i membri Ue è una iattura.
«Sì. Deve risolversi. Nel 2012-2013, ero membro della convenzione perla Costituzione europea presieduta da Giscard d'Estaing; avevamo introdotto il principio di doppia maggioranza per cui valeva la maggioranza dei paesi che governavano la maggioranza dei cittadini. Ma non entrò nel Trattato di Lisbona, soprattutto a causa dell'opposizione del Regno Unito. Che ha sempre messo i bastoni tra le ruote alla maggior integrazione europea. A loro interessava solo il mercato unico commerciale; furono loro a bocciare la nascita di un vero ministero degli Esteri europeo con pieni poteri».

Cioè: meno male che gli inglesi se ne sono andati dalla Ue, una prece?
«Da un lato dispiace che abbiano lasciato, dall'altro è stata senz' altro una liberazione».

Insisto sul Quirinale. Letta parla di "campo largo" dei candidati ma poi esclude Berlusconi al Colle. E Silvio va alla silente conquista di voti. Come finirà?
«In tutte le occasioni precedenti il centrosinistra aveva la maggioranza per imporre sempre i nomi. Ora Letta la maggioranza non ce l'ha, non può dare lui le carte; il centrodestra è compatto ma non si sa bene cosa faranno i centristi -Toti, Renzi, Calenda determinanti perché, di solito, il nome per il Quirinale converge al centro. Sicché Berlusconi è legittimato a provarci. Ma non penso che avrà i numeri. A quel punto potrebbe proporre lui un nome, e potrebbe essere Draghi (che Berlusconi propose alla Bce, ricordo). E tutti sarebbero d'accordo».

E l'outsider Marta Cartabia?
«Magari avere una donna al Colle, tra l'altro ex presidente della Consulta. Ma non doveva fare la Guardasigilli: ha creato molti malumori, per la sua riforma della Giustizia. Per la presidenza occorre una figura che ha ricoperto alte cariche, stimato, non divisivo, che magari non dia l'impressione di forzare il suo ruolo come fece Napolitano. Ecco il perché dei nomi di Casini, di Amato».

Però, scusi, l'identikit che sta tracciando per il Colle mi sembra il suo.
«No. Io ho superato l'età. A 90 anni puoi perdere lucidità in qualsiasi momento. Sette anni sono lunghi. Vabbè che ci sono 85enni che si autocandidano... E io di alcune riforme sarei garante: le ricordo che io proposi già nel '95 la separazione delle carriere dei magistrati e la riforma del Csm. Al Colle c'era Scalfaro che mi disse: il tuo è un governo di programma, forse i tempi non sono maturi. Invece mettere mano al Csm era indispensabile. È per quello che oggi, coerentemente, ho firmato il referendum sulla giustizia».

Non le pare strano che noi tutti impazziamo sul Quirinale, mentre -per dire- l'economia è flagellata dall'aumento mostruoso delle bollette e dall'inflazione?
«Il caro energia è dovuto alla ripresa economica che ha impresso un'accelerazione al costo delle materie prime e ad altri elementi: i prezzi dettati dall'Opec, o la borsa dei fumi. Poi c'è stato il balzo dell'inflazione. Ma io credo sia tutto temporaneo, fino al 2022; non c'è una spirale della domanda, gli aumenti possono esse re incorporati grazie a una relativa, prossima stabilità. Lo dice anche la Fed; anche negli Usa, era dai tempi di Volcker che l'inflazione non arrivava al 15%. Le rate degli aumenti per le famiglie sono un provvedimento buono e temporaneo, ma è giusto agire sugli oneri di sistema; d'altronde se si guarda la bolletta si vede subito che il prezzo dell'energiaresta invariato».

Le piace questa Legge di bilancio caricata ogni volta da emendamenti infiniti? La crescita reggerà?
«Il governo ha fatto una manovra molto espansiva, anche a debito. Ma se l'economia continua crescere non dico sempre al +6% ma almeno al 2,5%-3%, be', siamo nelle direzione giusta. Che è quella di Draghi che, più passa il tempo -specie dopo le elezioni del Capo dello Stato- più avrà problemi con i partiti che ragionano non per il bene pubblico, ma solo nell'orizzonte limitato dei propri elettori. In questo senso l'Economist invita Draghi a rimanere lì».

Nelle sue mille vite lei è stato anche ministro degli Esteri. Chi ha ragione tra gli Stati Uniti e la Russia nella faccenda altamente esplosiva dell'Ucraina?
«L'Ucraina ha sempre fatto parte non solo dell'Urss ma della Russia. Sempre. Se gli Stati Uniti insistono per inglobarla nella Nato varcano una linea rossa invalicabile. L'Ucraina ha 2000 chilometri di confine con la Russia: s' immagini cosa accadrebbe se fossero disseminati di missili americani. D'altronde, Kennedy nel '62 non accettò i missili a Cuba. Guardi cosa è accaduto con la Georgia, patria di Kruscev, che poteva diventare membro della Nato. La Russia non ha tutti i torti. Ma sia la Francia che la Germania sul tema ci vanno caute».

La Nato ci si sta sciogliendo addosso. È d'accordo su un esercito europeo?
«Assolutamente sì. D'altronde già con Obama gli americani non volevano più andare in guerra per i paesi della Nato. Trump era addirittura contro l'Europa. Lei crede davvero che in virtù dell'art.5 (la Nato interviene sempre se viene attaccato uno dei suoi membri, vedi Afghanistan, ndr) se la Russia attaccasse uno Stato europeo, gli Usa oggi interverrebbero?». È vero che l'hanno beccata in Senato che sfilava elegantemente dalle mazzette altrui il New York Times, e che lei ha risposto: «Sono l'unico che sa leggerlo»?
«In realtà sono abbonato al Financial Times. Era uno sgarbo che volevano farmi, pensando che mi ripresentassi in politica. Non c'è pericolo. Take it easy...».