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Matteo Salvini non ne può più, anche Giorgetti sbuffa: Lega fuori dal governo a fine mese? Terremoto in Parlamento

Salvatore Dama
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Comodi, al governo, i leghisti non sono mai stati. Ma in questi mesi Matteo Salvini e i suoi hanno cercato un modo di stare dentro, provando a incidere o, molto più spesso, limitando i danni. Questo tempo sembra essere finito. Mercoledì si è raggiunto l'apice della conflittualità. Con i ministri del Carroccio che hanno provato a puntare i piedi sull'obbligo vaccinale, accettando poi una versione edulcorata. Ieri Salvini ha menato di nuovo forte. Stavolta sul nucleare. Ponendo di fatto un aut aut a Mario Draghi: sul tema stai con noi o con Pd-M5s? Ovviamente la domanda è caduta nel vuoto. Perché il presidente del Consiglio non si inserisce nel dibattito politico quotidiano. Però questa forma di neutralità (che poi neutralità non è) ha scocciato il leader leghista. E ora che sembra venuto meno anche il lavoro diplomatico di Giancarlo Giorgetti è proprio il momento della frutta. Il paradosso è questo: il Capitano da un lato ci scazza, con gli altri partiti della maggioranza, dall'altro ci dialoga per questioni quirinalizie. E l'elezione del Presidente della Repubblica è il tema dominante. L'altare sul quale, probabilmente, finirà per soccombere l'esecutivo in carica. Nel caso in cui il successore di Sergio Mattarella fosse Draghi. Ma, probabilmente, anche nell'eventualità toccasse a un altro.

 

 




GLI SCATOLONI - Nella Lega alcuni ministri si sono detti pronti (o rassegnati) a fare gli scatoloni già a fine mese. E l'ipotesi che il Carroccio raggiunga Fratelli d'Italia all'opposizione, lasciando alla cosiddetta "maggioranza Ursula" (Pd, M5s, Fi) l'incombenza di sostenere il nuovo governo, è tutt' altro che residuale. Ma stiamo alla cronaca. Mercoledì, attraverso il suo smartphone, Salvini ha guidato la rivolta dei ministri leghisti in consiglio. Alla fine qualcosa ha portato a casa. Non tutto. La Lega ha dovuto subire una serie di no. Per esempio quando ha chiesto un indennizzo in caso di complicazioni per chi si sottopone forzosamente al vaccino. E quando è stato proposto un anticipo del tfr per quei lavoratori no vax che si dovessero trovare senza stipendio perché sospesi dal lavoro. Su questi temi si allargano le distanze con Forza Italia, che si è aggregata al fronte dei rigoristi insieme con il Partito democratico, ma si riavvicinano i rapporti con i Cinquestelle. Non a caso c'è chi parla di un fitto dialogo di Salvini con i grillini sia sui temi di governo sia sulla strategia per il Quirinale. Poi c'è il fronte dei governatori, che sono meno sensibili del Capitano alle ragioni dei no vax. Specie Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli-Venezia Giulia, che era il più favorevole sull'obbligatorietà dei vaccini.

 

 

 



PIANO B - Però è chiaro che qualsiasi tensione del momento vada letta in controluce. Di mezzo c'è sempre il Quirinale. Laddove la Lega ufficialmente appoggia la candidatura di Silvio Berlusconi, ma continua a lavorare a un piano B. Ieri, intervistato dal Corriere, Matteo Renzi ha confermato i contatti con Salvini. E nessuno dei due spinge per avere Draghi al Quirinale. Altro discorso quello che Matteo ha fatto con Enrico Letta. Per i due, un eventuale accordo sul Quirinale deve comprendere anche un modus politico. Deve essere necessaria mente pianificata anche la prosecuzione dell'esperienza del governo.

 

 

 

 

Perché se si va a braccio, finisce tutto a rotoli. Ma proseguire con il para digma Draghi senza l'ex banchiere a fare da collante non è facile. Confermare in bloc co l'esecutivo cambiando semplicemente il manico? Con i Cinquestelle che stanno implodendo? Chi tratterebbe i ministri, Conte o Di Maio? Non lo sanno manco loro. L'unica certezza è che non vogliono andare a votare. E manco la Lega, a dirla tutta. Un'ipotesi in campo è quella che, con Draghi al Quirinale, a palazzo Chigi possa sedersi proprio Giorgetti. Ma contemporaneamente si stanno facendo avanti, con discrezione (più o meno), anche Dario Franceschini e Luigi Di Maio. Anche se la via più facile sarebbe la soluzione tecnica, con la promozione dei ministri Franco o Cartabia. Ma, a quel punto, senza il sostegno del Carroccio.

 

 

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