Sotterfugi

Quirinale, Roberto Fico e la sinistra in pressing: il "trabocchetto" per sabotare l'elezione di Silvio Berlusconi

Antonio Rapisarda

Mille trucchi per frenare Silvio. Non essendoci mai riusciti per mezzo di libere elezioni e nemmeno per via giudiziaria, il nuovo obiettivo della sinistra e dei suoi satelliti è cercare di sabotare con tutti i mezzi il traguardo più ambizioso di tutta la carriera del fondatore di Forza Italia: il Quirinale. In attesa che il Cavaliere sciolga la riserva, gli ostacoli piazzati sulla sua investitura crescono di giorno in giorno. L'ultimo ritrovato, dopo le pressioni sugli alleati e i retroscena disseminati per cercare di dividere il centrodestra (finiti con un buco nell'acqua), è piazzare direttamente in Aula le trappole. L'espediente lo ha riportato ieri Repubblica. L'idea, su cui starebbe lavorando il presidente della Camera Roberto Fico, è depotenziare una delle "prove" che sarebbero alla base dell'«operazione scoiattolo»: la "firma" chiamata a certificare la provenienza politica del voto. Un accorgimento che potrebbe essere utile non solo per riconoscere i peones (fra cui decine e decine di grillini, non solo ex) ma soprattutto per scongiurare i franchi tiratori. E così, ad esempio, «Berlusconi», varrebbe per contare i voti degli azzurri. «Silvio Berlusconi», per i leghisti. «Berlusconi Silvio», per FdI e così via. Il grillino Fico si limiterebbe invece - richiamando la scelta fatta per l'elezione di Ciampi - a pronunciare solo il cognome, «Berlusconi», o al massimo «Silvio Berlusconi»: senza appellativi («Onorevole», «Cavaliere») o nomi siglati («S. Berlusconi», «Berlusconi S.»).

 

 

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SPIFFERO

La decisione del presidente della Camera, ovviamente, riguarderebbe tutti i candidati al Colle: ma è per lo meno sospetto che questo spiffero giunga proprio a margine della campagna parlamentare su cui è impegnato il Cavaliere con i suoi. Un'ipotesi, questa dell'indicazione a quote per l'ex premier, rigettata comunque da tutti gli interlocutori di centrodestra contattati da Libero: «Veleno nel dibattito gettato dalla sinistra: i veri frequentatori di questa pratica...», ci tengono a precisare. E poi, fra chi conosce bene i meccanismi dell'elezione del capo dello Stato, c'è chi ricorda che esistono comunque i segretari d'Aula - parlamentari eletti che affiancano il presidente nelle operazioni di scrutinio - e che sono diversi gli occhi che incrociano le schede. Insomma, la diga eretta da Fico potrebbe non essere così solida. Intanto dal suo ufficio si sono affrettati a smentire l'indiscrezione: «Scorretta e fuorviante». La decisione sulla lettura delle schede, spiega il portavoce di Fico, sarà adottata «a garanzia della correttezza e del buon andamento dei lavori per l'elezione. Questo è l'obiettivo che ha ispirato anche i predecessori. Non ha dunque nulla a che vedere con le singole personalità». Per dovere di cronaca, l'ultima elezione - quella di Sergio Mattarella - svolta senza alcun problema, è avvenuta con l'allora presidente della Camera Boldrini che ha letto le schede esattamente come si presentavano: «Mattarella», «On. Mattarella», «Sergio Mattarella». Il dibattito sul metodo, guarda caso, si è riaperto proprio adesso...

 

 

 

INCOGNITA

Come dicevamo però, gli ostacoli disseminati sull'eventuale candidatura del Cavaliere non si fermano alla conta dei voti: riguardano pure l'incognita Omicron. E anche qui c'entra Fico: nel senso che per ottenere i 505 voti necessari al quarto scrutinio, a Berlusconi occorrerà la presenza di tanti grandi elettori. Il quorum, infatti, rimane fisso. Le probabilità che molti parlamentari possano risultare positivi (asintomatici) o in auto-sorveglianza da qui a fine gennaio però sono alte: c'è chi parla di più di cento. Per questo motivo il centrodestra ha chiesto ripetutamente che si dia la possibilità anche ai positivi di votare. Il tema è stato sollevato all'ultima Conferenza dei capigruppo: lì Pd, M5s, Leu si sono detti contrari ad ogni eccezione. Come del resto lo stesso Fico che domenica lo ha ribadito: «In questo momento a norma di legge i positivi al Covid non possono recarsi in Aula a votare». Il grillino, viste le pressioni, ha comunque lasciato uno spiraglio in vista della prossima riunione dei capigruppo. Contro le sue riserve sono intervenuti in questi giorni autorevoli costituzionalisti di ogni estrazione. Fra questi Giovanni Guzzetta, secondo il quale garantire il voto per i 1009 grandi elettori, proprio alla luce dell'eccezionalità del momento, «non è un privilegio della casta ma un dovere». D'accordo anche uno dei questori di Montecitorio, il meloniano Edmondo Cirielli: «Se la Conferenza dei capigruppo lo deciderà noi siamo pronti a ogni evenienza: a garantire il voto dei positivi in un Covid Hotel come ad istituire il seggio itinerante».