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Quirinale, "Mario Draghi ha tradito". Retroscena-Senaldi, perché il favorito ora è Sergio Mattarella: verso il bis?

Pietro Senaldi
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Vi proponiamo l'articolo di Pietro Senaldi su Libero in edicola oggi, mercoledì 25 gennaio, prima dunque del terzo voto per il Quirinale. Un voto che ha segnato la netta crescita dei consensi per Sergio Mattarella, il presidente che ha più volte ripetuto il suo secco "no" al bis. Ma forse...

Ieri è stato il giorno della rosa, ma si sa che l'articolo floreale non sboccia a gennaio. Salvini tesse la sua tela infaticabile però l'elezione del capo dello Stato è questione artimetica e il centrodestra ha meno numeri di quanto appare sulla carta. L'asse tra Lega e Fd'I tiene, ma dopo il ritiro di Berlusconi dalla corsa Forza Italia si è grillinizzata; c'è chi tifa Draghi, chi sostiene il leader del Carroccio in nome dell'unità, chi resta fedele ai veti di Berlusconi, chi ancora deve capire a quale carro attaccarsi.

Se fosse per lui, Matteo tenterebbe un blitz, visto che Draghi non sta riuscendo a garantire un governo che soddisfi il capitano e quindi consenta a lui di traslocare al Quirinale; il Pd infatti non può accettare un leghista al Viminale e neppure un aumento del peso della delegazione del Carroccio, che Salvini invece rivendica, poiché stare al governo e tenere il centro destra diviso gli pesa. Però le truppe per tentare il colpo a sorpresa mancano; in teoria l'ex ministro dell'Interno ha due forni, ma Renzi vuole Casini e alla fine non voterà un candidato del centrodestra e Conte, che pure è ostile all'ex presidente della Bce al Colle, è debole e non controlla nessuno. Dall'altra parte non sono messi meglio; il Pd ha nutriti drappelli di franchi tiratori e un alleato, M5S, che pesa il doppio di lui ma che nessuno riesce a governare. Ancora peggio, non ha veri candidati. Se quelli del centrodestra infatti verrebbero votati dalla maggior parte degli elettori dello schieramento, nel centrosinistra tutti i potenziali concorrenti hanno più ne mici in patria che sostenitori.

 

 

I VERI FAVORITI
Tra ambi e terne, chi ha più probabilità di fare tombola sono sempre i due fuori rosa, Draghi e Mattarella. Il primo si muove un po' come un elefante in una cristalleria. Ha schierato l'artiglieria pesante, nazionale e internazionale, per sostenerlo, ha incaricato i suoi Sgarbi di fare le telefonate e ha cominciato a studiare con i partiti quale potrebbe essere il governo che andrebbe a sostituire il suo. Il punto è che, da Berlusconi a Salvini, da Conte a Renzi a buona parte del Pd, l'ex banchiere non è la prima scelta e la forza con cui rivendica la propria promozione spaventa molti. La politica non vuole consegnarsi per sette anni a un uomo forte, preferisce tenerlo dov' è a fare il suo lavoro, e poi magari salutarlo quando, con un altro Parlamento, riacquisterà peso. Resta Mattarella, l'uomo dei 14 "no", dal "no grazie" al "no, non rompetemi più". Anche se, finora, nessuno gli ha mai chiesto nulla ufficialmente. Per aprire la strada al bis di Napolitano, fu necessario sacrificare Marini e Prodi e quindi arrivare all'emergenza istituzionale. Solo allora, l'eccezione diventa giustificabile. Oggi fioccano rose di agnelli sacrificali e, se Salvini si impunta e Draghi pure, poiché né Pd né M5S paiono in grado di cavare le castagne dal fuoco e Renzi sta diventando marginale, ecco che la riserva della Repubblica resta il presidente con la valigia. Mattarella è l'unico, a parte Amato, il quale però non può essere votato da grillini, leghisti e meloniani, che Draghi accetterebbe di vedere al suo posto, ma solo Super Mario, l'uomo che il capo dello Stato ha tirato in mezzo per guidare l'Italia fuori dalla palude giallorossa, può chiedergli la retromarcia.

 

 

LO SCENARIO
Non è detto che, nel giro di 72 ore, il premier non arrivi alla conclusione che, piuttosto che farsi logorare o apparire troppo voglioso di traslocare, gli convenga muovere in questa direzione. Farebbe un figurone e avanzerebbe un credito verso i partiti e l'opinione pubblica per il prossimo giro, che sarebbe tra un anno e mezzo, a elezioni fatte, a nuovo Parlamento insediato e in ossequio alla scadenza opportuna suggerita dal precedente di Napolitano. A farci invece una figuraccia sarebbero i partiti, ma per molti finirebbe per essere il minore dei mali. Un Mattarella bis in fondo risolve non pochi problemi, e a tutti. Dell'ex governatore della Bce si è detto. I grillini otterrebbero di non andare a votare.

Il Pd confermerebbe il proprio nome con unico scornato Letta, il quale vorrebbe le urne; ma l'uomo non può opporsi e poi è tradizione dem fare il contrario di quel che desidera il segretario. Pure per Renzi la conferma del presidente non è la prima scelta, ma non può certo dire di no all'uomo che fece lui presidente, e poi guadagnerebbe un altro anno di vita e trame. Sull'altro fronte, Berlusconi si rinvigorirebbe, anche fisicamente, convincendosi di potersela rigiocare a breve, da splendido ottantaseienne. Salvini sventolerebbe come un trofeo il suo no a Draghi, una difficile partita vinta, e guadagnerebbe un anno per esercitare l'opzione su Forza Italia e l'elettorato no in fuga. Solo la Meloni, che vorrebbe votare domani, farebbe fuoco e fiamme, ma in fondo ricaverebbe legna da ardere e, con il 6% dei grandi elettori, non è una partita che poteva giocare. Tuttavia il vero vincitore sarebbe Mattarella, che ha giocato alla siciliana, mentre Super Mario ha tradito, e nel caso sarebbe stato tradito, dalla sua troppa scuola americana. 

 

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