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Quirinale, prende quota "il candidato esterno": tam-tam dopo il quarto voto, chi domani la può spuntare

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Un Parlamento spappolato e balcanizzato. Più che centrodestra contro centrosinistra, questa volta sul Quirinale si stanno spaccando gli stessi partiti: onorevoli contro leader. I primi in aula votano per Sergio Mattarella, 166 schede pesantissime. I secondi si stanno arrabattando da ore, tra smentite e rilanci, per trovare una "soluzione esterna". Un nome, cioè, in grado di uscire dai colori politici e tenere insieme la maggioranza (da Pd alla Lega) e pure il centrodestra (dai centristi a Fratelli d'Italia). Impresa obiettivamente difficile, perché le alternative hanno tutte dei "contro". 

 

 

 

Un esempio. Il nome più caldo è quello di Elisabetta Belloni, capo dei servizi segreti che ha attirato il sorprendente endorsement di Giorgia Meloni. Con lei, oltre a Matteo Salvini, si è schierato anche Luigi Di Maio, che in un retroscena di Aldo Cazzullo sul Corriere.it si è addirittura sbilanciato definendola "mia sorella" e invitando tutti a non spingerla troppo, per "non bruciarla". L'affinità tra il ministro degli Esteri (leggi Farnesina) e la Belloni, una delle eminenze grige della diplomazia, non stupisce. Un po' di più il commento di Enrico Letta, che l'ha definita una opzione "onorevole". Ma il grosso dei parlamentari (e degli altri dirigenti politici) è perplesso per la nomina di un tecnico al Colle, con la conferma di un tecnico, Mario Draghi, a Palazzo Chigi. Due su due: politica commissariata. E lo stesso si potrebbe dire con Sabino Cassese, giurista per cui però il Movimento 5 Stelle, memore dei suoi attacchi a Giuseppe Conte, non stravede (eufemismo). Il "candidato esterno" di cui si parla in queste ore non può nemmeno essere un superpartes come Pier Ferdinando Casini, bipartisan sì ma molto "dentro".

 

 

 

 

Qualcuno sta rispolverando il nome di Giuliano Amato, ma vale quanto sopra. E allora serve il classico "coniglio dal cilindro", da decidere però in pochissime ore. Dal Parlamento, il segnale degli onorevoli è chiaro: piuttosto che rischiare di far crollare governo e legislatura, meglio tirare per la giacchetta Mattarella e costringerlo (espressione sintetica e brutale, ma calzante) al bis. Una mancanza di rispetto istituzionale fin che si vuole, visto che il Capo dello Stato da mesi ripete di volersi ritirare. I numeri a Montecitorio però dicono altro.

 

 

 

 

Nel campo del centrodestra, gli astenuti sono stati 441 al posto dei preventivati 453. Dodici possibili voti per Mattarella. Ancora più clamorosa la diserzione nel centrosinistra. Le schede bianche sono state 621, ne mancano all'appello 180. Qualcuna al Pd, tantissime dal Movimento 5 Stelle dilaniato tra contiani e dimaiani. E più passano le ore, più chi tratta si ritroverà con l'acqua alla gola. Ammesso che, in fondo, non sia proprio questo l'obiettivo: trovarsi a dover "ratificare" la rivolta dei grandi elettori e dover tornare al Colle a implorare Mattarella. Uno che esterno avrebbe voluto esserlo davvero, dopo 7 anni. 

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