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Quirinale, il retroscena su Mattarella: "Vedetevela con Draghi". L'irritazione per il bis, non vuole incontrare i leader

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Sarebbe stato Sergio Mattarella a chiedere, anzi imporre ai partiti di non mandare al Quirinale i leader, preferendo loro i semplici capigruppo. Fonti di Libero, confermate anche da Salvatore Merlo per il Foglio, assicurano che il presidente della Repubblica, a cui oggi pomeriggio chiederanno di fare il bis e restare sulla sua poltrona per altri sette anni, sia sinceramente "irritato" con i protagonisti di questo piuttosto grottesco teatrino politico. Sei giorni, otto votazioni (l'ultima, sabato pomeriggio, è quella buona), un numero infinito di tavoli, riunioni, dichiarazioni pubbliche, smentite. E tutto per arrivare al punto di partenza, come in un  gioco dell'oca: cristallizzare la situazione, perché ogni  mossa potrebbe far crollare il castello di carte. 

 

 



L'irritazione di Mattarella, che per 18 volte nelle ultime settimane aveva declinato gli inviti a tenere duro e fare il bis, deriva anche dal fatto che si sarebbe iniziato a parlare della sua ricandidatura senza aver prima sentito il diretto interessato. Uno sgarbo istituzionale non di poco conto, anche al netto della drammatica accelerazione delle ultime ore. Anche per questo il Capo dello Stato avrebbe fatto sapere che non intendeva ricevere in pellegrinaggio i leader, come accadde invece con Giorgio Napolitano nel 2013. Raggelante la frase attribuita a Mattarella quando, finalmente, qualcuno dei protagonisti della trattativa ha trovato il coraggio di contattarlo direttamente, ad accordo già chiuso: "Parlate con Draghi e Draghi poi parla con me". E così è successo, effettivamente, perché sarebbe stato il premier, messa da parte l'ambizione personale a salire al Quirinale, a tenere i contatti con i vari esponenti politici per poi informare il Capo dello Stato in un faccia a faccia di mezz'ora a margine della nomina di Giuliano Amato (altro quirinabile, "consolato") alla presidenza della Corte Costituzionale.

 

 

 

Si rafforza ulteriormente, così, l'asse tra Draghi e il Colle. I partiti, è la tesi di molti, da domani saranno molto più deboli, non potranno porre condizioni al premier ("fregato" dai veti nella corsa al Colle, poltrona che di fatto gli era stata garantita un anno fa) e soprattutto dovranno scontare un crollo di autorevolezza senza precedenti: è il costo da pagare per non perdere le poltrone, di governo e da onorevoli. 

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