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Foibe, se neanche Sergio Mattarella riesce a pronunciare la parola "comunisti"

Gianluca Veneziani
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Niente, non riescono a pronunciarla quella parola, comunismo. Ci girano attorno, parlano per allusioni e omissioni, si mantengono sul vago, ma non danno un nome ai carnefici. A 18 anni dalla legge istitutiva del Giorno del Ricordo per commemorare i martiri delle foibe e le vittime dell'esodo è ancora troppo scomodo per gli esponenti di sinistra indicare chi furono i responsabili della tragedia e quale fu l'ideologia sanguinosa che li mosse. Equesto vale anche per le più alte istituzioni dello Stato, a partire dal presidente della Repubblica Mattarella. Ieri il suo messaggio è stato una somma di non detti e di -ismi generici, di mancato riferimento ai colpevoli e di rovesciamento della prospettiva. Mattarella sottolineava come scopo del Giorno del Ricordo sia omaggiare quanti «dovettero pagare i costi umani più alti agli orrori della Seconda guerra mondiale e al suo prolungamento nella persecuzione, nel nazionalismo violento, nel totalitarismo oppressivo» (quale nazionalismo, quale totalitarismo?). Quindi notava come «la sciagurata guerra voluta dal fascismo e l'occupazione nazista furono seguite, per questi italiani, da ostilità, repressione, terrore, esecuzioni sommarie».

 

 

Venivano nominati fascismo e nazismo come cause scatenanti della questione orientale, ma mai citato, neppure di striscio, il comunismo. Un'occasione mancata se paragonata alle parole di ieri del premier Draghi che si riferiva agli italiani uccisi «per mano dei partigiani jugoslavi e dalla persecuzione del regime di Tito». Ma soprattutto se confrontata alle volte in cui Mattarella aveva usato espressioni molto più nette per indicare i responsabili di quei crimini. Nel 2020 aveva parlato delle «terribili sofferenze Gennaro che gli italiani furono costretti a subire sotto l'occupazione dei comunisti jugoslavi». E nel 2021 aveva evidenziato come «i crimini contro l'umanità scatenati in quel conflitto non si esaurirono con la liberazione dal nazifascismo, ma proseguirono nella persecuzione e nelle violenze, perpetrate da un altro regime autoritario, quello comunista». Il Mattarella bis pare invece meno audace del primo Mattarella, quasi che il passare del tempo richieda minore decisione e non più forza nel condannare gli artefici di quel dramma.

 

 

DICHIARAZIONI
Ma il capo dello Stato ieri era in buona, cioè cattiva, compagnia. A dichiarazioni poco ardite e omissive si abbandonavano vari leader ed esponenti di spicco del centrosinistra. Il segretario del Pd Enrico Letta si limitava a uno sbrigativo «Oggi il Paese tutto si unisca in una partecipazione corale». Il presidente della Camera e grillino Roberto Fico riconosceva che «il terribile dramma delle foibe deve essere parte integrante della coscienza civile dell'intera comunità nazionale e di una memoria comune europea». Un dramma provocato da chi non era dato sapersi. Dal suo canto la dem Laura Boldrini la buttava sulla memoria condivisa: «Il Giorno del Ricordo non deve avere colore politico né appartenenza ideologica ma solo condivisione del dolore per le migliaia di vittime del massacro delle foibe». Un po' ciò che faceva Carlo Calenda, leader di Azione, rilanciando un tweet di Matteo Richetti: «Oggi siamo uniti nel ricordo. Dagli orrori della Storia ne usciamo solo con una memoria condivisa».

 

Niente, ce ne fosse stato uno in grado di nominare la parolina impronunciabile, comunismo. Il peggio lo dava il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni che attaccava il fascismo in un giorno dedicato alle vittime del comunismo: «Di fronte al massacro delle foibe, frutto di un nazionalismo malato e della guerra, serve rispetto, memoria, rigore storico. Ogni anno la destra lo equipara all'unicità della Shoah, come se si potessero edulcorare i crimini del fascismo e del nazismo in un indistinto calderone». A riguardo, risultavano sagge le parole del sindaco dell'Aquila, Pierluigi Biondi di FdI: «La rievocazione di tragedie può essere pietra da scagliare contro qualcuno o qualcosa, o esempio per conoscere il passato». Fratoianni sceglieva, ahinoi, la prima strada. Oltre a omissioni e polemiche antifasciste c'erano poi i silenzi rumorosi degli altri leader di centrosinistra: da Conte a Renzi, fino alla Bonino nessuno ieri esternava sulle foibe. Ti chiedi se sarebbe mai stato possibile qualcosa di simile in occasione della Giornata della Memoria, e cioè se qualche capo di partito avrebbe mai potuto ignorare la commemorazione o ricordare la tragedia, omettendo però di fare i nomi dei responsabili, i nazisti. Detto francamente, non sarebbe stato possibile. 

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