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Buttafuoco: "Vi spiego l'isola dei tanti paradossi"

Pietrangelo Buttafuoco

Antonio Rapisarda
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A Pietrangelo Buttafuoco - scrittore, analista "non conforme" ed esegeta delle cose e dei tipi di Sicilia - abbiamo chiesto un aiuto: i consigli per decifrare e tradurre, traghettando i risultati al di là dello Stretto di Messina, che diavolo sta accadendo nella politica siciliana, soprattutto nel centrodestra, alle prese con il nodo delle Regionali. «Devo fare una premessa...», ci dice.
Prego. 
«La Sicilia è il luogo dove si consumano i due capitoli fondamentali della letteratura universale: quello di De Roberto e di Tomasi di Lampedusa. Non solo con I Vicerè ma anche con L'imperio, per ciò che riguarda il primo, e con Il Gattopardo per il secondo. Rappresentano il vero manuale di politica per l'Italia».

In che senso?
«Per capirci. La vicenda di Di Maio la puoi calare perfettamente in quelle pagine. E verrà la spiegazione: il sistema di potere in Italia vive sempre nel solco del trasformismo. E gli anti-sistema ineluttabilmente vengono "sistematizzati"».
Nello Musumeci, però, non sembra volersi rassegnare all'ineluttabile. «Sono un presidente scomodo», ha rivendicato ieri, «in una terra che finge di voler cambiare...».
«È assolutamente calzante. Il problema, del resto, mi riguarda. È la vicendasu cui ho fatto una campagna civile: la cancellazione dell'autonomia regionale. La quintessenza di questa impossibilità di vivere la politica».

Sta dicendo che la sua Sicilia, è condannata a restare "buttanissima"?
«La soluzione è solo chirurgica. L'ideale sarebbe quello di un commissario straordinario. Perché la difficoltà fondamentale è sperare di poter fare attività politica col ricatto del consenso. Umanamente è impossibile. Mettiti nei panni di questi poveri disgraziati che ci hanno provato: hanno dovuto fronteggiare un'infinità di situazioni impossibili».

Ci fa un esempio?
Quando due domeniche fa non si trovavano i presidenti di seggio a Palermo, cinicamente uno poteva pensare: mandiamoci tutti i forestali in esubero. E molto spesso ragionare sulle soluzioni diventa un esercizio dove devi utilizzare due registri: quello del cinismo e quello del pittoresco».
Aggiungiamone un altro. Ancora Musumeci: «Ricordate che siamo nella terra dei paradossi, di Sciascia e di Pirandello». Il riferimento è a certi alleati - di giunta - che hanno giurato guerra a lui più che alla sinistra...
«Questa è una dimensione tipica della Sicilia. Fuori dite puoi trovare gli avversari ma dentro dite ci sono i nemici».

A proposito di questi. Che cosa pensa del duello rusticano fra Gianfranco Miccichè e "Nello"?
«Sono termini di vivacità. Io non la vedo così cupa la situazione. Vedo una piazza, un cortile, un mondo dove si discute e ci si confronta. Anche brutalmente. Pensate invece che tristezza dall'altro lato: quanti musi lunghi...».
Il governatore siciliano si è detto pronto, eventualmente, a fare un passo indietro per il bene del centrodestra. Ma devono essere i leader nazionali a chiederglielo. Insomma, la partita per lui non sembra mica finita.
«Certo, le carte ce l'ha in mano. Bisognerà rispettare ogni sua decisione. Detto ciò, lui ha il profilo per continuare a fare bene ciò che ha fatto ma anche altro. Immagino che possa tranquillamente essere chiamato a responsabilità ulteriori. Vede, quando accusano la destra e Fratelli d'Italia di non avere classe dirigente la risposta arriva proprio dai territori: dai suoi amministratori. Penso al sindaco de L'Aquila o a quello di Cagliari e già li vedi ministri. E questo vale anche peri siciliani. Accanto a Musumeci, prendiamo uno come Ruggero Razza (assessore alla Sanità siciliano, ndr) e immaginiamolo al posto di Speranza: avrebbe fatto cento volte meglio».

In attesa della decisione romana che cosa si augura?
Se la volete sapere tutta per me la Sicilia dovrebbe essere restituita al suo splendore, tornare a essere un Emirato, senza i filtri, i vincoli e le pastoie del deep State burocratico-regionale. I leader devono fare i leader e non i capi capricciosi e infantili. Insomma ci vuole l'armonia. E ci vuole l'idealista: quello che ha già l'idea della lista. Sono necessari un po' di sano cinismo e tanta fantasia».

Lei ne fa una questione ontologica ma toccherà esorcizzare la maledizione dei governatori siciliani: Cuffaro, Lombardo e Crocetta docent.
«Stendiamo un velo pietoso sulla vicenda di Crocetta, su cui resterà il ricordo di una pantomima: quella della legalità al servizio della protervia di un preciso gruppo di potere. Il governo Cuffaro, nell'apoteosi del centrodestra berlusconiano e democristiano, ebbe con Fabio Granata - una delle figure di punta delle battaglie per la legalità - un ottimo assessore ai Beni culturali. Che lavorò f con il compianto Sebastiano Tusa che poi fu ingaggiato da Musumeci e il cui lavoro prosegue oggi con Alberto Samonà. È significativo che parliamo di due "ex ragazzi" del Fronte della Gioventù come i più bravi nella gestione dei beni culturali. E sotto sotto è anche una risposta su quali siano i "contenuti" che può dare la destra a un centrodestra vincente. 

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