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Letizia Moratti, lo schiaffo: "Io in corsa? A una sola condizione..."

Letizia Moratti

Annalisa Chirico
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«Resto a disposizione del centrodestra e dei concittadini», la vicepresidente della regione Lombardia Letizia Moratti non sembra intenzionata a un passo indietro, ma assicura che da parte sua non c'è alcuna sfiducia nei confronti di Attilio Fontana. E la sua collocazione politica non è il terzo polo. Le chiediamo se si senta messa da parte dal centrodestra, e la risposta è laconica: «Non mi sento messa da parte dai concittadini». L'occasione è la presentazione di "Prigioniere. Saman e le altre" (ed. Piemme), presso la Mondadori Duomo di Milano, ma la "top news" della giornata, con il vertice dello stato maggiore leghista sulle regionali 2023, fa capolino nel confronto su donne, diritti ed emancipazione.

Presidente Moratti, lei mantiene il "soave pugno di ferro" che le attribuiva Indro Montanelli? L'ipotesi di una sua candidatura alla Regione Lombardia ha sollevato un polverone.
«È possibile che io possa risultare scomoda ma rispondo alla mia coscienza. Nella vita alcuni incarichi li ho accettati, altri no. Ogni volta che ho scelto di servire le istituzioni, mi sono misurata con la mia coscienza».

E con il potere che in Italia resta maschile.
«Non mi piace parlare di potere, parlerei piuttosto di responsabilità. È vero che nel nostro paese prevale una cultura maschilista. Ci sono ancora poche donne nei posti di responsabilità, esiste un tetto di cristallo difficile da abbattere. Ma bisogna avere coraggio e determinazione. Gli uomini, per natura, sono conquistatori male istituzioni devono prima di tutto sapersi prendere cura. Servono persone capaci di mediare, dialogare, ascoltare, e in questo le donne sono più brave, hanno una capacità genetica, di ruolo, anzitutto in ambito familiare. E poi abbiamo bisogno di prenderci cura del nostro pianeta perché molto presto ci saranno anche migranti climatici che si sommeranno ai rifugiati per carestie e povertà».

 

 

Il libro Prigioniere parte dalla storia di Saman Abbas, la ragazza di origini pakistane di cui si è perduta ogni traccia. L'intero clan familiare è sotto inchiesta per omicidio volontario.
«È un tema enorme. Tutti noi siamo concentrati per raggiungere l'obiettivo cinque dell'agenda 2030 che ci invita a cambiare e combattere le discriminazioni razziali per far sì che le violenze sulle donne cessino per sempre. Nel caso da lei citato, ci sono origini culturali ineludibili. L'islamismo radicale è un nemico della nostra civiltà, e nelle sue frange estreme alimenta il terrorismo. Non dobbiamo scordarlo: le libertà della società che abbiamo costruito non vanno date per scontate. Il diritto di queste giovani di vivere come vogliono, di poter studiare e indossare un paio di jeans, va difesa. È un impegno che dobbiamo assolvere».

Ma l'integrazione è un processo in due direzioni. Talune comunità non intendono integrarsi ma perpetuare costumi liberticidi nel nostro paese.
«Penso che il modello dell'integrazione totale sia sbagliato. Il modello italiano cerca di integrare nel rispetto delle identità culturali. Il ruolo delle scuole è fondamentale. Il presidente francese Emmanuel Macron ha affrontato la questione, anche perché la Francia ha flussi migratori particolarmente significativi. Il 'separatismo islamista', come lo ha chiamato Macron, va scongiurato».

Intanto gli ingressi irregolari in Italia sono in costante aumento.
«L'immigrazione, di per sé, porta benefici e guasti. Viviamo in una società con un basso tasso di fertilità ed esistono professioni che i nostri concittadini non vogliono più esercitare. In vari settori manca la manodopera. Prevedo flussi in crescita dal continente africano, per ragioni anche climatiche e ambientali. Molte persone abbandonano il proprio paese per una vita migliore, non si può impedire».

Ma possiamo lasciare il tema delle nascite alla fertilità delle immigrate? E le italiane?
«Certo, servono politiche di sostegno della maternità. Vorrei citare il modello francese, dalla disponibilità di asili nido per tutti al 'maternity leave', il congedo, che ha una durata maggiore e si estende anche ai padri. In Italia le politiche non sono adeguate, spesso mancano le risorse. Anche in materia di immigrazione, le leggi devono definire paletti e doveri. Serve una visione pragmatica».

Milano è meno sicura?
«Pronunciarmi su questo non attiene alla mia responsabilità. Posso dire che da sindaco ogni settimana chiedevo al prefetto un vertice a cui sedevo insieme alle forze dell'ordine. Era utile perché si programmavano gli interventi in grado di dare sicurezza ai cittadini. Io giro per Milano, anche nei quartieri complicati, e i cittadini sono preoccupati».

 

 

La legge 194 è inattuata nella parte che riguarda il supporto alla maternità.
«Esiste da anni un problema di risorse. Adesso, con il Pnrr le risorse ci sono. Purtroppo anche le migliori leggi, senza risorse, restano lettera morta».

Che cosa consiglia alle donne che vogliono misurarsi con la sfida della carriera e della politica?
«Serve coraggio con la consapevolezza che per noi donne è più complicato. Non dobbiamo aver paura di realizzare i nostri sogni. E poi credo che sia importante avere accanto una persona che ti aiuta e ti sostiene. Io l'ho avuta».

Che cosa manca al centrodestra per vincere?
«Serve concretezza. Ho letto un editoriale del professor Orsina che evidenziava un vuoto politico e la necessità di tornare a motivare gli elettori».

Ormai oltre la metà degli aventi diritto diserta le urne.
«Il problema riguarda tutte le forze politiche. Le donne dovrebbero farsi avanti. Serve la cura».

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