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Matteo Salvini e le "spie cinesi"? Il Pd accusa, ma la foto arriva dalla Lega

Lorenzo Mottola
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Chi si aspettava una noiosa campagna elettorale basata sulle consuete accuse di cripto-fascismo nei confronti dei leader del centrodestra è stato costretto a ricredersi. Questa volta la linea è quella di spararle molto, ma molto più grosse.Qu i non ci si limita a trovare qualche consigliere di circoscrizione molisano che ha un cugino che una volta è stato sentito dire "viva il Duce" alla sagra della porchetta di Ariccia. Qui i giornali pubblicano di tutto.

Matteo Salvini dipinto come una spia cinese o russa, a targhe alterne. Silvio Berlusconi che si fa spiegare come funziona il mondo da emissari del Cremlino. E dulcis in fundo, Vladimir Putin che fa battere le spiagge del Maghreb per convincere gli africani a partire per l'Italia con l'obiettivo di destabilizzare le nostre elezioni. E questa è solo la rassegna stampa delle ultime 24 ore. Domattina probabilmente sfogliando i quotidiani leggeremo che Giorgia Meloni andava a sciare in Corea con Kim Jong-Un e Guido Crosetto lavorava per Bin Laden. Procediamo però con ordine, seguendo quanto uscito ieri.

 

 

 


BARBE FINTE - Come noto, la "bomba" che ha fatto più rumore è quella sganciata da Jacopo Iacoboni sulla Stampa, che descrivendo una relazione dei nostri servizi segreti (i cui contenuti erano peraltro già editi) si è lanciato in una ricostruzione delle manovre russe per destabilizzare il governo Draghi. Tutto parte dalla famosa missione a Mosca di Matteo Salvini, poi cancellata. Un funzionario dell'ambasciata durante un incontro per organizzare il viaggio avrebbe chiesto al consulente del Carroccio Antonio Capuano: «La Lega intende ritirare i suoi ministri dall'esecutivo?». Fine.

I nostri servizi hanno poi smentito l'autenticità del documento, ma a prescindere da ciò resta la domanda su chi abbia fatto finire sulla scrivania del giornalista della Stampa quella carta e perché. In attesa di risposte, ieri è arrivato il secondo colpo di mortaio: il leader leghista secondo "nuove rivelazioni segrete nelle sintesi dei documenti degli 007" avrebbe progettato «una missione in Cina di ritorno dal viaggio in Russia« con una "serie singolare di movimenti, spendendo anche il nome del governo italiano con Stati che non appartengono al nostro sistema tradizionale di alleanze europee e atlantiche. E che probabilmente sono lieti di aprire porte e orecchie a questi abboccamenti".

Cose losche? In realtà era stato lo stesso Salvini a "denunciare" i suoi contatti con i diplomatici cinesi, con tanto di comunicati stampa. Era tutto sulle agenzie del tre marzo scorso: «Ho chiesto all'ambasciatore russo di chiedere al suo governo il cessate il fuoco. Adesso andrò da quello cinese per chiedere il sostegno della Cina.
Se lo facessimo tutti insieme, mentre qualcuno sento che la butta in politica». Non servivano dossier per ricostruire la storia, insomma.

 

 

 

 

I NERI DI VLAD - L'altro missile partito invece da Repubblica riguarda l'immigrazione e ovviamente il solito Putin. La tesi: "Dai porti libici controllati dalla brigata filorussa Wagner sta partendo un numero anomalo di profughi". Si parla della regione della Cirenaica, dalla quale "stanno arrivando molti più migranti rispetto a quanto rilevato nello stesso periodo degli ultimi due anni". E questo, si legge, perché il Cremlino sta cercando di provocare una nuova crisi, che favorirebbe i partiti più vicini alla causa dello Zar. Qui si esaurisce il racconto, basato sulle ricostruzioni "di una fonte qualificata dei nostri apparati di sicurezza". Certo, la storia è suggestiva, peccato solo che faccia a sberle con la realtà. I barconi partiti dalla Cirenaica sono stati pochissimi, circa 4.000 secondo i numeri del Viminale riportati ieri sottosegretario del Carroccio Nicola Molteni. Parliamo di cifre del tutto irrilevanti in confronto ai 39.285 arrivi di quest' anno. Che poi Putin speri di alterare l'esito del voto con una strategia così bizzarra, peraltro, pare già di per sé abbastanza strano.

 

 

 

 

 

L'AFFAIRE SILVIO - Arriviamo quindi all'affaire Berlusconi, creato sempre da Repubblica e basato sul racconto anonimo di uno dei presenti a un vertice del centrodestra a villa Grande, casa romana del Cavaliere. In quella sede il leader Fi avrebbe spiegato di aver contattato l'ambasciatore russo in Italia, Razov, il quale gli avrebbe "raccontato che è stata l'Ucraina a provocare ventimila vittime nelle zone contese. E che l'invasione era necessaria perché il rischio era che l'Ucraina attaccasse". In altre parole avrebbe proposto una serie di tesi dal sapore filo-putiniano. Prosegue l'articolo di Tommaso Ciriaco: "il Cavaliere è entrato in contatto con il terminale diplomatico di Mosca. Con chi brinderà all'affossamento dell'ex banchiere. E d'altra parte non è un mistero che Berlusconi sia sensibile alle ragioni di Mosca". Certo, la storia è interessante, ma non sta in piedi. La diplomazia non funziona così. Un quattro volte ex premier, se sente l'esigenza di contattare emissari stranieri, lo fa seguendo iter di tutt' altro genere. Come spiega un comunicato di Forza Italia «è sconcertante l'idea che un leader si faccia suggerire dall'ambasciatore di un paese straniero valutazioni di politica internazionale. Un leader della caratura internazionale di Silvio Berlusconi, quando desidera avere contatti con leader stranieri lo fa al massimo livello, cosa che con la Russia non avviene da molto tempo". Tradotto: se Berlusconi dovesse sentire l'esigenza di parlare con un politico russo, si rivolgerebbe direttamente all'ufficio di Putin.

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