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Gregorio Fontana, il retroscena sul voto del 2006: "Senza brogli, vittoria nostra"

Gianluca Veneziani
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Quella fu la Florida del centrodestra. Come nel 2000 alle elezioni negli Usa lo scontro tra Bush e Al Gore si decise per uno scarto di soli 537 voti a vantaggio del primo nello Stato del sud-est, alle elezioni del 2006 in Italia la partita si decise per poco più di 24mila voti (lo 0,06%) a favore della coalizione del centrosinistra L'Unione prodiana - alla Camera. "Con 24mila voti, oggi saprai cos'è la frodeeee", si cantò allora, parafrasando Celentano. Sì, perché quei pochi consensi in più furono oggetto di (legittimi) sospetti di errori di trascrizione nei verbali, involontari nella migliore delle ipotesi, dolosi nella peggiore (per non parlare dei voti molto dubbi che permisero al centrosinistra di spuntarla al Senato sul fil di lana nella circoscrizione estero). Tuttavia al centrodestra fu negato il riconteggio completo delle schede, cosicché non si seppe mai se le elezioni in realtà le avesse vinte il centrodestra guidato da Berlusconi. A caldeggiare il ricalcolo fu, tra gli altri, Gregorio Fontana, allora come oggi deputato azzurro, membro della Giunta per le elezioni.

Fontana, un manuale di Forza Italia invita ora «i rappresentanti di lista a prestare massima attenzione durante lo scrutinio» perché «chi punta sui brogli sfrutta il momento in cui si trascrivono i risultati nei registri per togliere consensi al nostro partito». Perché questo vademecum? Esistono rischi di brogli, come nel 2006?
«I rischi di brogli esistono sempre ed è importante che i rappresentanti di lista siano sempre attenti a garantire che la volontà degli elettori sia difesa. Il problema è soprattutto nel momento della trascrizione nelle tabelle di scrutinio dei verbali. Forza Italia ha un settore ad hoc chiamato "I difensori del voto", guidato dall'onorevole Antonio Martusciello, che ha organizzato già in passato la nomina dei rappresentanti di lista nelle sezioni elettorali. Il controllo è sempre necessario: nelle elezioni del 2018 alcuni collegi, dopo la revisione nelle giunte delle elezioni, sono stati assegnati a chi sembrava aver perso al primo conteggio».

Nel 2006 quali furono le maggiori anomalie del voto?
«La principale fu che ci venne impedito il riconteggio dei voti alla Camera (necessario perché, con uno scarto così basso, era probabile che ci fossero stati errori di trascrizione nelle tabelle): la sinistra si mise di traverso dicendo che sarebbe stata una procedura troppo lunga. Ne venne fatto solo uno molto parziale, e quindi scorretto, su un campione di schede nulle e bianche da parte della Giunta per le elezioni. Senza considerare poi i brogli denunciati nella circoscrizione estero. Che temo si ripeteranno. La regolarità del sistema di voto all'estero poteva e può essere facilmente aggirata: già allora c'erano personaggi che compravano dalle tipografie o dai servizi postali privati le schede, e le rispedivano in Italia votate, senza che il vero elettore italiano all'estero avesse ricevuto nulla. Per scongiurare che ciò ricapiti, Forza Italia ha proposto che gli italiani all'estero possano garantire la personalità del proprio voto tramite lo Spid, ma l'idea non è stata accettata».

Senza i presunti brogli e gli errori nelle trascrizioni, lei è convinto che il centrodestra nel 2006 avrebbe avuto la maggioranza dei seggi sia alla Camera che al Senato?
«Io penso di sì e credo che, facendo il riconteggio, ci saremmo tolti questo dubbio. Con un Berlusconi al governo, l'Italia non sarebbe entrata negli anni bui, fatti di instabilità politica e insicurezze economiche, del governo Prodi».

Allora ci fu anche chi, come Enrico Deaglio, sostenne che i brogli c'erano stati sì, ma da parte del Viminale (guidato dal centrodestra) che avrebbe truccato le schede bianche. C'era qualche prova a riguardo di quella tesi?
«Macché, erano pure sciocchezze, anche perché i dati che contano sono quelli delle corti d'appello. Se qualcuno ha fatto qualcosa nel momento della trascrizione nelle tabelle, semmai erano altri...».

Quelle elezioni svelarono per la prima volta, e in modo netto, anche l'inattendibilità di sondaggi ed exit poll (che davano il centrosinistra sopra del 5%)?
«Sa, i presunti astenuti che poi non si astengono danno sempre sorprese. Così come va presa con grande cautela la "forchetta" degli exit poll, che ha margini di errore dichiarati dagli stessi sondaggisti».

Che responsabilità hanno gli elettori nell'evitare che i voti vengano equivocati più o meno volontariamente?
«Enorme. Quante volte schede bianche o nulle derivano da croci tracciate male? Il consiglio all'elettore è di segnare bene solo una croce sul simbolo del partito, per non rischiare che i voti vengano annullati».

Rispetto al 2006 la politica oggi si è dotata di strumenti migliori per evitare brogli ed errori di trascrizione dei voti?
«Nonostante le proposte di inserire forme di voto e di scrutinio elettronico, poco si è fatto. E questo perché un sistema digitale si presterebbe ad altri rischi, come quello di hackeraggi non solo da parte di singoli, ma addirittura di gruppi arruolati da entità statuali. Rischi che sono decuplicati rispetto a 15 anni fa. Paradossalmente però l'arretratezza del nostro sistema di voto, tutto manuale, è una garanzia che almeno tali fenomeni non si possano verificare».

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