il politologo

Giorgia Meloni, il politologo Campi: "Vi dico io cosa farà dal 26 settembre"

Quella di Enrico Letta e sinistra è pura campagna elettorale. "Il 26 settembre - spiega il politologo Alessandro Campi -, se vincesse Meloni, nessuno metterà il mitra a spalla per fare la Resistenza". Secondo l'ex ideologo di Gianfranco Fini "tutti sanno che non è quello il problema. Il problema è la situazione sociale ed economica del paese. L'allarme, nel caso, è se ritiene che questa destra non sia attrezzata per il governo". Eppure anche il segretario del Partito democratico non è esente da critiche: "Con gli appelli per salvare la democrazia - prosegue sulle colonne del Domani - non sono indulgente. Non si può passare allegramente dalla partecipazione ad Atreju, al caffé al tavolino del Meeting di Rimini con Giorgia Meloni, fino all'allarme per la democrazia a rischio e all'accusa di eversione".

 

 

Così facendo il dem non fa altro che "ridurre il fascismo a un espediente da campagna elettorale, svaluta persino l'antifascismo. E non è neanche efficace: se tanti elettori si stanno orientando a votare Fratelli d'Italia significa che questa storia non convince nessuno. Almeno a destra". Neppure contestare la fiamma nel simbolo di Fratelli d'Italia ha più senso per il politologo, che lo definisce "un elemento simbolico e identitario profondo". Soprattutto se si considera che la contestazione è arrivata dopo che FdI aveva appena depositato il simbolo al Viminale.

 

 

Semmai, conclude Campi, "il limite di Meloni sta nel tratto militante di un piccolo mondo chiuso. E finché devi tenere in piedi un movimento da quattro per cento va bene, anzi è stato decisivo per far nascere FdI da una scissione del Pdl in un momento in cui Berlusconi si stava comprando quel che restava di An". I grattacapi arrivano poi "quando diventi un partito da oltre il 20 per cento: significa fidarsi solo dei propri e non essere in grado di aprirsi a mondi diversi". Per l'esperto, dunque, è lì che la Meloni "si gioca la partita della vita". Lei "deve uscire dal ghetto politico ideale e navigare in campo aperto. Ma consapevole di questo negli ultimi due anni lei ha lavorato molto sul piano dei rapporti istituzionali e internazionali. Non solo con i cattivi d'Europa".