Tafazzismi politici

Marcia della pace, lite tra compagni: l'antifascismo è ufficialmente morto

Corrado Ocone

«Fascista, vattene!». Chissà cosa avrà pensato il più tafazzista dei politici che abbiano mai calcato la scena pubblica italiana, cioè Enrico Letta, quando un gruppo di manifestanti gli si è avvicinato e l'ha apostrofato con lo stesso termine che lui ha usato come una clava in questi mesi contro la destra di Meloni e Salvini? Certo, la dea Nemesi è implacabile, ma qui all'opera sembra che di figure mitologiche ce ne sia un'altra: Clio, la musa che soprassiede alla verità storica e che a tutti dice che il fascismo è morto e sepolto da ben 80 anni.

Sembra un'ovvietà, ma a sinistra fingono di non capirlo. Chi allora meglio della sinistra stessa poteva mandare all'aria il castello di sabbia dell'antifascismo eterno mettendo in scena uno spettacolino niente male? E cioè una lotta fratricida ove i compagni si accusano a vicenda di essere quello che fino a ieri erano gli altri e contro cui (fosse pure con i soldi di Soros) volevano costruire un fronte comune e repubblicano.

Mentre Letta veniva a Roma ingiuriato, il "moderato" Calenda pensava bene infatti di apostrofare a sua volta come fascista, da Milano, Giuseppe Conte, l'altro protagonista della kermesse capitolina. Sì, proprio colui che il Pd giudicava fino a pochi mesi fa una «risorsa decisiva», anzi il «punto di riferimento fortissimo», del fronte democratico. E a cui ancora oggi guarda per alleanze a macchia di leopardo nelle prossime regionali. La domanda sorge spontanea: ma per caso non è che la sinistra accusa la destra di essere fascista per non vedersi allo specchio, per occultare il fascismo che è in sé?