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Schlein-Appendino, donne contro le donne: ecco il loro vero piano

Renato Farina
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In piazza della Scala a Milano ieri c’è stato un raduno delle «famiglie arcobaleno». Quanti erano? Diecimila. Non proprio tantissimi. Ma non contano nulla quei diecimila in sé, con i loro destini, gioie e dolori. Potevano essere duemila o trentamila, ed era lo stesso. I diecimila sono piume che adornano la testa dei nuovi capi indiani della sinistra.

A pesare come macine da mulino sono i nomi, le facce, le voci di quei dieci che salgono sul palco, si esibiscono ai microfoni, in una eterna ripetizione del teatro Ariston di Sanremo. L’antico Partito comunista ha accettato di farsi ri-concepire in un utero preso in affitto e dato in possesso a Elly Schlein, i cui ideali e visioni di mondo nuovo si identificano con i desideri e l'ideologia Lgbtqia+. Dallo statuto dei lavoratori alle cinquanta sfumature di gender. Per farsi piacere e apparire in piena continuità innovativa con una tradizione solida di affetti, hanno scelto un nome favoloso, dove c’è odore di focolare e in giardino germogliano le zucche magiche da cui fioriscono creature di sesso in evoluzione romantica.

 

Famiglie arcobaleno! Ognuno ha diritto a farsi chiamare come vuole. E guai a non rispettare l’identità di tutti e di ciascuno (anche se ti scagliano odio addosso, mentre simulano gentilezza, e preparano leggi che impongono la loro visione persino della biologia, pena il carcere a chi non ci sta e osa dirlo). È bello che si siano ritrovati in pace. Senza disturbo alcuno. Non capita così a chi dissente e non crede sia un buon diritto quello di abortire. Hanno creato persino «i sentinelli« che andavano a rompere le scatole alle manifestazioni silenziose delle «sentinelle in piedi«, dove cattolici e no tenevano aperto un libro diverso, esso sì diverso.

NEL LIBRO DELLA GENESI
Famiglie arcobaleno, si chiamino pure così. Brevettino l’appellativo. Ci pare però una coppia di parole rubate. Le famiglie prevedono, da quando i nostri progenitori hanno rubato il fuoco agli dei, un uomo e una donna, ne è riflesso il libro della Genesi. E che i figli abbiano un padre e una madre, e nascano dalla loro unione, è scritto da sempre nei costumi di ogni epoca e società. Amori omosessuali sono persino diventati in certi secoli e civiltà strumenti educativi: ma nessuna comunità che volesse reggere all’usura del tempo, ha mai preteso fondassero matrimonio e famiglia. E poi perché «arcobaleno»: non è bello che questo fenomeno sereno sia strappato al cielo di tutti per diventare la bandiera di un partito preciso, con leader che si proclamano capi dell’opposizione. Vedi Elly.

Doveva essere un presidio di protesta per l’altolà dato tre giorni fa dal prefetto di Milano al sindaco Beppe Sala, inibito da quel momento a iscrivere all’anagrafe bambini e bambini come figli e figlie di due genitori dello stesso sesso. Protesta di chi? Di chi ha carpito il diritto di bambini portati via ad uteri affittati. La protesta giusta avrebbe dovuto radunare le ragazze indotte a prestare il proprio corpo ai desideri di coppie omosessuali che altrimenti si sentirebbero incomplete e infelici senza una creatura da cullare, non importa da chi partorita su commissione o generata da seme forestiero (in sigla si chiamano diritti GPA, gestazione per altri, e diritti Pma per tutti, procreazione medicalmente assistita per tutti, senza regola alcuna). Lo sanno i piccini usati dal sentimento d'amore arcobaleno che avrebbero diritto a un padre e a una madre? Quei bimbi e quelle bimbe hanno tutti i diritti del mondo, ma perché sono stati privati senza consenso della possibilità stessa di essere partoriti da chi (non) li stringerà al seno? Povera Vladimir Luxuria, che fu di Rifondazione comunista, e adesso fa la madrina froufrou per introdurre lo show di Elly Schlein.

 

Ma soprattutto poveri compagni e compagne, che tutti sudati alla Festa dell’Unità giravano le salamelle sulla carbonella e facevano sobbollire i tortellini al riparo delle bandiere rosse. Che ne hanno fatto di voi e della vostra decorosa memoria? Sepolta come una carcassa di cui vergognarsi. Dev’esserci stato più che il progresso delle classi sfruttate quello delle tintorie. Il rosso gagliardo che ospitava la falce e il martello, che erano pur sempre simboli di lavoro e di lotta, si è spampanato in 7, anzi 50, forse 100 sfumature di progressismo. Che cos’è questo arcobaleno se non lo sciogliersi di identità e certezze popolari nella gassosa galassia di un nuovo consumismo? Da ieri è ufficiale: i gloriosi resti del movimento operaio sono stati seppelliti senza complimenti come anticaglie ottocentesche.

La prima manifestazione pubblica della neo segretario del Partito democratico - a favore di dirette televisive, e cronistorie del Corriere della Sera e di Repubblica minuto per minuto redatte da novelli Sandro Ciotti ed Enrico Ameri – è stata il vero passaggio di consegne da un’epoca all'altra. È la deriva del progressismo, la sua ideologia che priva di sostanza l’umanità e la trascina a immaginare sempre nuovi diritti. Una volta impossibilitati a promettere benessere e lavoro dalle crisi ricorrenti. I nuovi diritti sono un modo per i governi di sinistra, e qualche volta anche di destra (vedi Nord Europa) per negare la realtà del declino.

IN RITARDO RISPETTO A COSA?
Nei discorsi e nelle dichiarazioni di piazza della Scala, si ripetevano i medesimi concetti: «L’Italia è in ritardo», «questo governo ci fa tornare indietro». Ritardo: rispetto a quale treno? Indietro: riguardo a quale sistema di valori? Un vuoto che riempie sé stesso di desideri vuoti, con la pretesa che lo Stato li fornisca. Lo slogan perfetto è quello di Emmanuel Macron: «Far progredire il progresso». Ecco fior da fiore le frasi chiave. Partiamo da quella che ha chiuso il presidio, e cioè dalla citazione di Elly Schlein, incoronata di applausi e in pose da primavera di Botticelli.

Schlein: «Ci stiamo già muovendo e c’è qui anche Alessandro Zan per portare avanti anche in parlamento le aspettative che sono emerse dalla piazza. Cioè di poter vedere riconosciuto per legge il diritto delle coppie omogenitoriali, con una norma preparata e scritta insieme alle associazioni, alle famiglie arcobaleno. Saremo al loro fianco come in piazza anche in parlamento. Mobilitazione permanente!» Elly, Elly!, scandisce la folla. Beppe Sala: (dopo aver negato la sua presenza, eccolo): «Non appena comincia un dibattito parlamentare su questo tema, io riprendo le registrazioni dei bambini».

PENNE BIRO E PUGNI CHIUSI
Chiara Appendino (M5S, ex sindaco di Torino): «Giorgia Meloni sta negando dei diritti ai dei bambini. Ho depositato una proposta di legge per il matrimonio egualitario. È inaccettabile il passo indietro di questo governo. È pura ideologia». Ha il bambino più piccolo al fianco. Invece Giuseppe Conte non c’è. Riccardo Magi, segretario di +Europa: «La mobilitazione serve ai sindaci per dare loro coraggio. Poi ci sono tante conquiste in più da fare per i diritti civili, il matrimonio egualitario, per le adozioni per le coppie omogenitoriali e per i single. Tutte questioni che sono urgenti e su cui il Paese è in ritardo». Vladimir Luxuria: «Alzate il pugno con la penna. Il pugno sinistro, eh!». Arcobaleno, arcoballe. 

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