Studio Openpolis

Governo, ma quale fascismo: sempre in aula, meglio di Renzi e Conte

Elisa Calessi

Era stato dipinto come il governo che metteva in pericolo la democrazia, occhieggiante all’autoritarismo, al disprezzo delle aule parlamentari, a innominabili nostalgie per anni liberticidi. A un anno dal suo insediamento si scopre, grazie a un dossier realizzato da Openpolis, che l’esecutivo Meloni è quello che ha più risposto alle interrogazioni fatte dai parlamentari. Parliamo, per essere precisi, delle interrogazioni a risposta scritta, che sono le più numerose e quelle a cui i governi, di solito, rispondono di meno. Al 31 agosto l’esecutivo Meloni risulta essere quello che ha prodotto più risposte, con un tasso del 19,1%. Percentuale, certo, non alta. Ma comunque più elevata di quella dei suoi predecessori. Al secondo posto, infatti, con il 18%, troviamo il governo Renzi e al terzo il Conte 2 con il 17,1%.

Tra i ministri, il più ligio nel rispondere per iscritto alle domande dei parlamentari è stato il Guardasigilli Carlo Nordio, che ha totalizzato il 76% di risposte. Subito dopo, al secondo posto nel podio, si colloca il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, con il 50% di risposte scritte. Seguono il ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci (42,1%) e quello per la Famiglia (36,36%), per l’Istruzione (36,21%) e a pari merito Guido Crosetto, ministro per la Difesa, e Adolfo Urso, per le Imprese, che hanno risposto alle sollecitazioni degli eletti per il 27%. Il ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, si è concesso per il 20%. Un po’ meglio della Presidenza del Consiglio che, comunque, ha risposto al 17% delle interrogazioni. Seguono Ambiente (13%), Interno (10%), Affari europei (9%), Cultura (7%), Lavoro (6%), Agricoltura (3%). Nessuna risposta alle interrogazioni scritte, invece, dai ministri degli Affari Regionali, delle Infrastrutture (Matteo Salvini), dell’Economia (Giancarlo Giorgetti), del Turismo (Daniela Santanché), dell’Università (Anna Maria Bernini), dello Sport (Andrea Abodi), della Salute (Orazio Schillaci), della Disabilità (Alessandra Locatelli).

 

 



Questo solo per quanto riguarda le risposte scritte. Perché ai question time, dove si risponde oralmente, tutti i ministri sono soliti intervenire. In tutto sono 130 le risposte fornite a fronte di 171 interrogazioni presentate. Anche il ricorso alla fiducia, che è oggetto da anni di continui richiami dai presidenti della Repubblica, in quanto finisce per esautorare il lavoro degli eletti, racconta di un esecutivo che, per ora, è stato più rispettoso degli altri. Come osserva Openpolis, «i numeri dell’attuale esecutivo non risultano particolarmente elevati». Finora, infatti, ci sono stati 30 voti di fiducia in totale dall’insediamento. Meno del governo Draghi, del Conte 2, dei governi Renzi e Gentiloni. Solo gli esecutivi Conte I (15) e Letta (10) hanno fatto meglio. Altro elemento interessante riguarda i disegni di legge su cui è stata posta la fiducia in entrambi i rami del Parlamento. Finora sono state 7 le leggi approvate con doppio voto di fiducia, tra cui la legge di bilancio per il 2023, il decreto per il rafforzamento della Pa e il decreto asset. Anche in questo caso i predecessori hanno fatto peggio.