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Roberto Speranza e il Covid: si crede un eroe e lo scrive

Alessandro Gonzato
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È una tragicommedia di 316 pagine. Un libro che ci spiega con due anni di ritardo “Perché guariremo” dal Covid poteva scriverlo solo Roberto Speranza, e infatti l’ha scritto lui.

L’ex ministro-ossimoro, allora titolare del dicastero della Salute, l’aveva partorito nel 2020: l’Italia neanche aveva un piano pandemico, si viveva d’improvvisazione, ma Speranza – per gli amici Bob Hope – si sentiva er mejo fico der bigonzo. “Perché guariremo - dai giorni più duri a una nuova idea di salute” l’aveva consegnato alle librerie a ottobre; negli stessi giorni però il Covid era tornato forte dopo l’ovvia fiacca estiva; quindi Hope l’aveva fatto ritirare in fretta e furia dagli scaffali, e di quel libro sono rimaste pochissime copie cartacee e alcune online.

 

 

 

Adesso l’ha ripubblicato, in parte aggiornato (Solferino-Gruppo Rcs), e ci arriviamo. Prima riportiamo un paio di recensioni da Amazon dell’opera originale (Feltrinelli): «Non compratelo, non è in lingua italiana. Rimandato subito indietro»; «Ma no, il libro è in italiano! Però provo profondo imbarazzo per chi l’ha scritto e pensato: è un continuo alternarsi di passaggi inquietanti e demenziali. Un testo nel complesso ridicolo». Poteva andare peggio.

 

BADOGLIO E FILINI

Un testo sul Covid scritto da Speranza è come Badoglio che pontifica su Caporetto, Gargamella che spiega come catturare i puffi (anche se lui un paio di volte ce l’ha fatta), il ragionier Filini che organizza gite aziendali, come quella in camper che però non era riuscito a noleggiare e quindi si presentò «con un autoblindo modello El Alamein».

Ma eccoli, alcuni dei passi salienti dell’opera. La premessa di Speranza è che «su questo libro si è detto e scritto di tutto, mala storia è molto più semplice delle tante strumentali ricostruzioni. All’inizio dell’autunno 2020, con la risalita dei casi e l’arrivo della seconda ondata, mi è sembrato inopportuno pubblicarlo». Ma dai! Comunque... «Ho deciso di scrivere nelle ore più drammatiche della tempesta, nelle lunghe notti in cui il sonno mi sfuggiva, ero tormentato dalla preoccupazione che l’onda alta potesse travolgere il nostro sistema sanitario». Morivamo come mosche e il ministro della Salute si dava alla scrittura? Ma no, dai, figuriamoci... «Scrivo nei ritagli di tempo, immerso nel mio lavoro di ministro». Ah, ecco, nei ritagli di tempo.

 

 

 

Questo il prologo: «L’auto procede nel traffico di un sabato di febbraio. Oltre una fila di alberi spogli scorre il Tevere (...). Immagino i pensieri delle persone che guidano verso casa: preoccupazioni di lavoro, commissioni per la famiglia (...). Mi chiedo quanti siano davvero consapevoli di come “il virus cinese”, come ancora in tanti lo chiamano, rischia di sconvolgere le nostre vite. Il peso della consapevolezza vera di quel che sta succedendo e di quel che sta per succedere lo portiamo ancora in pochi. D’altra parte, è il nostro mestiere». Sapeva tutto. E però per settimane le mascherine erano introvabili. Così come scarseggiava l’ossigeno negli ospedali e molto altro.

 

ARCURI E LE PRIMULE

«Mentre lascio la sede della Protezione civile mi volto verso Federica e Massimo, che mi stanno accompagnando. Mi colpisce un pensiero: non posso lasciare solo Domenico Arcuri (commissario straordinario, ndr). “Voi restate qui, per favore”, dico ai miei collaboratori. “Ma tu come fai da solo?” protestano. “Poi vediamo. Intanto date una mano a Domenico”. Capiamo meglio molte cose adesso, anche le “Primule”, il grande bluff del piano vaccinale, il mega -progetto che doveva contare 3mila padiglioni a forma di fiore per invogliarci alla somministrazione. Appassiti prima di vedere il sole.

Poi Speranza accusa Salvini di non avergli risposto al telefono per giorni «durante l’emergenza»; tesse le lodi di Conte, «lucido», «razionale», e difende a spada tratta il bollettino Pagina 145: della sera. L’ex ministro spiega che il suo lavoro è stato certosino, nulla è stato lasciato al caso. E allora è strano che l’Italia, a lungo, sia stato uno dei Paesi con più vittime del virus. C’è un capitolo che si intitola “Parlano i numeri”. Infatti. Speranza inoltre voleva «riformare il ministero»: «Trasparenza sempre e in ogni caso. La comunicazione diretta tra cittadini e istituzioni ci ha consentito di entrare in sintonia col Paese e di reggere l’ondata del Covid».
Siamo all’inconsapevole autoironia.

 

 

IL PANTHEON

La parte più esilarante, forse, è però quella sul “Ritorno della sinistra”. «Credo che, dopo tanti anni controvento, ci sia davvero una nuova possibilità di ricostruire un’egemonia culturale su basi nuove. Vanno nella stessa direzione molte tendenze che vediamo affermarsi, dalle bellissime manifestazioni ambientaliste ispirate dalla giovane Greta alle piazze italiane spontanee delle “Sardine”. Ci stanno gridando la stessa cosa: ci sono beni pubblici fondamentali che vanno difesi e protetti. E non si può più restare a guardare. È il momento di un nuovo grande sforzo collettivo».

I modelli di Speranza: Greta e le Sardine. Considerando il pantheon, beh, nonostante il dramma poteva andare decisamente peggio. C’è spazio per attaccare «la destra»: «Ha una straordinaria capacità di interpretare un sentimento di ansia e insicurezza diffuso nella nostra società, soprattutto nei segmenti più deboli, dove ci sono meno certezze e più paure». Domani pare che Speranza presenterà il libro sul Nove, ospite di Fazio a Che tempo che fa. Ribadirà che contro di lui «c’è stato un profluvio di fake news organizzate ad arte». Ricorderà «gli auguri per il 25 aprile di una cittadina di nome Federica»: «Mi ha visto in tivù, mi ringrazia dell’impegno nell’informare gli italiani “con onestà intellettuale”». Avevamo il Napoleone del Covid e non ce ne siamo accorti. Meritiamo l’esilio in zona rossa. 

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