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Il consigliere comunale di Fdi e il post con Sala vestito da carcerato

di Lorenzo Cafarchio domenica 20 luglio 2025

3' di lettura

Galeotta, questa volta ben oltre il modo di dire, fu l’intelligenza artificiale. Contestualizziamo. Il consigliere comunale milanese di Fratelli d’Italia, Enrico Marcora, ha ripreso una vecchia fotografia del Sindaco di Milano, Giuseppe Sala - quella del 2019 scattata in favore del gay pride meneghino di quell’anno, con indosso le celeberrime calze color arcobaleno - e attraverso l’IA ha fatto vestire al primo cittadino la tuta a righe e il cappellino in stile carcerato. A terra l'immancabile palla al piede. Una mise che ricorda quella di Steve McQueen nel film Papillon.

Il fotomontaggio ha acchiappato diversi like ed è stato accompagnato dagli hashtag “peggiorsindacodalDopoguerra” e “Sala”. Ma i problemi iniziano coi primi commenti. «Non è di gran gusto», scrive qualcuno, altri dicono che il post è «inopportuno», mentre un altro utente attacca: «Questa è la serietà della politica italiana. Un politico che pubblica sfottò da stadio su un altro politico. Forse la generazione di classe politica più bassa della storia. Speriamo che la nuova generazione si comporti in maniera più costruttiva». Polemiche e ancora polemiche che l’inchiesta sull’urbanistica di Milano si trascina dietro sbarcando, come è ovvio in questi anni, sulle piattaforma di Meta.

Direte finita qui. Qualche botta e risposta e le parole a scemare in un climax verso il basso. E invece no. Perché prima il post sparisce, poi ricompare, ma non sui profili di Marcora. Appare nuovamente sulla bacheca del consigliere regionale lombardo del Partito Democratico, Pietro Bussolati, che piccato non gira troppo attorno alla questione e picchia duro contro l’esponente di Fdi. «Eccolo il garantismo.
Marcora di Fratelli d’Italia ce lo spiega con un’immagine. Fratelli di garantismo, da Bibbiano a Milano». La reprimenda non si arresta.

L'esponente del Pd si chiede se il partito di governo sia ancora garantista. «Una vergogna di una destra che predica bene e razzola male. L’unica inadeguatezza evidente è nella destra che suona ogni spartito per approfittare di un’inchiesta giudiziaria, perché è incapace di prendere voti a Milano». Il tutto condito anche dal presidente del municipio 8 di Milano e vicesegretario del movimento politico guidato da Elly Schlein in città, Giulia Pelucchi, che nei commenti si lascia andare a un «che schifo». Il quadro polemico si inserisce nelle tensioni e nelle diatribe, principalmente giudiziarie, che vedono coinvolte la giunta di Sala e la sinistra che guida la metropoli lombarda. Paradigmi, visioni e progetti che dividono e vengono trascinati in un’aula di tribunale. E ovviamente l’agorà politica di queste periodo storico, leggasi i social, non potevano rimanerne fuori. Quindi anche una condivisione, un’immagine artefatta, diventa dibattito, tanto da spingere Calenda a dare del «buffone» a Marcora.

Il centrodestra, unito, a Palazzo Marino dietro allo striscione “Dimissioni. Sala e la sua giunta liberino Milano” avevano predicato risolutezza e tutela dei diritti. Sulla pagina Facebook milanese di Fdi il monito è chiaro: «Siamo e restiamo garantisti, come sempre. Ma il punto politico è un altro: il sindaco, in queste condizioni, non è nelle condizioni di svolgere serenamente il suo ruolo. Non può rappresentare pienamente la città né affrontare con lucidità i dossier più delicati, come ad esempio quello su San Siro». Da qui al post di Sala carcerato. Oppure ripensiamo alle parole, su X questa volta, del ministro della Difesa, Guido Crosetto, che rifletteva come «la magistratura non debba e non possa sostituirsi al corpo elettorale». Aggiungendo, infine, che «spesso si cercano di utilizzare queste vicende come occasione per sbarazzarsi dell’avversario di turno». Parole, post e pensieri capaci di rincorrersi mentre l’inchiesta sull’urbanistica procede per la sua strada.

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