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La Cisl silura la Cgil e l'unità sindacale: "Basta ideologia e slogan"

di Sandro Iacometti domenica 20 luglio 2025

3' di lettura

 L’unità sindacale va in soffitta. A colpi di bordate micidiali. Al termine della quattro giorni congressuale che l’ha rieletta alla guida della Cisl, Daniela Fumarola ha deciso di affondare il coltello contro l’asse antigovernativo di Cgil e Uil, appiattito su «posizioni pregiudizialmente antagoniste» che non fanno bene né ai lavoratori e ai pensionati né al Paese. Non è così, fa capire senza fraintendimenti la segretaria della Cisl, che si può lavorare insieme. «Siamo pronti a fare la nostra parte su alleanze concrete», spiega, «ma dentro un campo riformista ben delimitato. Insomma, non un'unità calata dall'alto, «fatta solo di proclami o di sigle affiancate in piazza senza un vero comune progetto, né per gli archivi».

Il convitato di pietra è, manco a dirlo, Maurizio Landini. A lui, anche se non viene mai nominato, Fumarola si riferisce in più passaggi, mettendo in fila le repliche punto per punto. «Da questo palco ci hanno chiesto di evitare caricature», dice richiamando le parole del leader della Cgil, «siamo d'accordo ma ci pare che la caricatura l'abbia fatta proprio chi ha tentato di darci improbabili insegnamenti». Niente lezioni anche sui contratti pubblici (dopo la spaccatura su alcuni rinnovi e le critichi di Landini per i compromessi al ribasso) e men che meno sulla legge sulla partecipazione, una conquista portata a casa dalla Cisl due mesi fa dopo anni di battaglia, criticata aspramente dalla Cgil con l'accusa di distruggere la contrattazione. «Non si può parlare ogni giorno di fare fronte comune», dice dal palco, «e poi rifiutare il dialogo sociale e il patto per il paese; non si può predicare l'autonomia del sindacato e poi invocare ad ogni problema una legge dello Stato che sostituisca la contrattazione e la nostra responsabilità; non si può rivendicare il potenziamento della contrattazione collettiva e contemporaneamente opporsi alla attuazione della legge 76».

Fondamentale, prosegue, è il «rispetto», perché «nessuno può pensare di esercitare un'egemonia che esiste solo nella testa di qualche reduce del 900. Crediamo nell'unità d'azione sindacale, quando è possibile». Poi la stoccata più forte: «È un lavoro usurante quello di transitare da un'eroica sconfitta all'altra».

Dove ogni riferimento ai referendum è puramente voluto. Le frizioni con le altre sigle confederali non si traducono automaticamente in un’adesione acritica alle posizioni dell’esecutivo. Anzi. «Siamo tremendamente gelosi», spiega, «della nostra autonomia di giudizio e di azione». Non ci sono, sottolinea, «governi amici». Detto questo, la porta è aperta e la mano tesa. «Per affrontare adeguatamente le sfide che abbiamo di fronte è urgente un nuovo patto sociale. Abbiamo trovato un'attenzione importante anche fuori dal perimetro della nostra organizzazione» e «le parole della presidente del consiglio Giorgia Meloni vanno in questa direzione. La premier ha riconosciuto la necessità di superare la logica dello scontro ideologico e rifondare il rapporto tra impresa e lavoro in modo collaborativo e ha manifestato apertura verso il dialogo sociale».

Ma «l’impegno forte» preso dalla premier, dice Fumarola, deve «essere messo, già da domani, alla prova dei fatti. Gli impegni assunti devono diventare in tempi brevi un percorso vero. Al governo diciamo: passiamo subito dalle intenzioni all'azione».

L'auspicio della segretaria è che questa strategia sia sostenuta da una coalizione ampia: «Non è più tempo di alibi o di pregiudiziali. Chi oggi si tira indietro si assume la responsabilità di auto-escludersi da un cammino fondato sull'etica della cooperazione. La via del dialogo e della partecipazione richiede coraggio, il coraggio di scelte giuste anche quando possono essere impopolari».

Dopo che a febbraio scorso aveva raccolto il testimone da Luigi Sbarra, ora nella squadra di governo come sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega al Sud, Fumarola si prepara a guidare la Cisl per i prossimi quattro anni. La sua elezione, all'unanimità, «è uno sprone ulteriore a un cammino per una politica di coesione e crescita, come sostiene l'azione del governo Meloni», afferma lo stesso Sbarra, augurandole buon lavoro.

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