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Landini sul viale del tramonto: chi lo sta sorpassando a sinistra

di Pietro Senaldi mercoledì 12 novembre 2025

4' di lettura

Cosa farà da grande Maurizio Landini? Domanda sbagliata. Probabilmente, il segretario della Cgil grande non lo diventerà mai, se non altro politicamente. E non solo per i toni aggressivi ma vuoti di contenuto da eterno studente fuori corso. Più facile che riesca a fare piccolo il sindacato rosso che dirige senza cavare un ragno dal buco dal gennaio 2019, piuttosto che cresca lui. Di certo, è riuscito nell’impresa di renderlo marginale.

A livello di rappresentanza, senza dubbio, visto che non firma i contratti che Cisl e Uil sottoscrivono e ha scelto la via dell’Aventino. A livello di piazza pure, giacché i Cobas che lo hanno sorpassato da sinistra, quando scendono in manifestazione fanno più rumore e notizia di lui. La prova si è avuta il 6 ottobre scorso, un lunedì, quando il sindacato di base ha convocato la protesta pro-Pal, solo tre giorni dopo il consueto sciopero del venerdì della Cgil, e l’agitazione ha oscurato quella di Landini. Da allora l’ex leader della Fiom si è ricordato che forse è lì per risolvere i problemi economici dei lavoratori e non quelli di politica internazionale, e ha iniziato a occuparsi della manovra.

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Contro la finanziaria, Landini ha indetto lo sciopero generale per il 12 dicembre, e chissà se anche stavolta perderà il derby con i Cobas, che l’hanno fissato per il 28 novembre. Il ringhiante Maurizio non può proprio permetterselo.

Esattamente un anno fa, Landini aveva inneggiato alla rivolta sociale, per caricare gli scioperanti. Il sonnolento popolo di cui si sente il tribuno per fortuna non lo ha ascoltato. E lui ieri ci ha riprovato, cogliendo l’occasione del forum in Assolombarda sulle relazioni industriali. Francamente, non il contesto più opportuno. «È il momento che la gente si rivolti, deve scendere in piazza e dire basta» ha incitato nel vuoto, facendo la parte più del disco rotto che di un novello Emiliano Zapata.

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Ma dove porteranno questa energia e questa rabbia che il segretario Cgil sfoga in settimana nei salotti televisivi dove parla senza contraddittorio e nel weekend in manifestazione?

Il finale è già scritto, ed è la ragione del suo livore: lo aspetta una candidatura, come è capitato a quasi tutti i suoi predecessori. Il punto debole è che, della sua segreteria, non resterà nulla: non un atto memorabile, non una battaglia vinta. Landini strilla come chi sta per morire.

Più probabile che la candidatura lo aspetti in Parlamento, dove anche se non sai fare nulla hai modo di nasconderti, piuttosto che altrove, dove devi vincere con le tue forze e poi, nel caso, lavorare e bene. In fondo, il leader Cgil lo confessa candidamente, lui vuole «cambiare le leggi sbagliate», non firmare i contratti, attività che dovrebbe competergli. Anche perché il rinnovo degli accordi tra lavoratori e industriali non sono il suo forte: per diventare capo della Cgil ha dovuto chiudere la vertenza dei metalmeccanici, dei quali era segretario, e ancora la sua controparte ride: strappò per le tute blu aumenti di due euro.

E dove si candiderà, il prode Maurizio? La suggestione di ricoprire un ruolo di leadership politica è tramontata. Se il Pd cambierà Elly Schlein, non lo farà certo per andare più a sinistra.Tra i dem Landini deve rassegnarsi al ruolo di peone, Susanna Camusso insegna. Ci sarebbe Nicola Fratoianni, che presidiala zona estremista del campo largo, ma potrebbe ingaggiarlo al più come figurina, e anche quello sarebbe un brutto ridimensionamento. Qualche tempo fa il leader Cgil sembrava in corrispondenza di amorosi sensi con Giuseppe Conte, che però non si sa neppure se tra un anno sarà ancora con il campo largo; e comunque sui temi della sicurezza sta prendendo strade incompatibili con il sindacato rosso, mentre sugli altri è ambiguo e inaffidabile.

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Maurizio nega di pensare al seggio e giura che convocherà il congresso per la sua successione dopo il voto delle Politiche, ma nessuno ci crede. Di certo, lo sciopero del mese prossimo e il suo rabbioso isolazionismo all’interno della ex Triplice hanno spiegazioni politiche e non sindacali. Landini ha paura che, se firma l’accordo con il governo di centrodestra, per esempio sulla Pubblica Amministrazione, come hanno fatto Cisl e Uil, poi gli tocca davvero portare il cibo agli uccellini ai giardinetti. Ma la pensione non fa per lui; d’altronde, non ha mai lavorato. Fosse più simpatico, un po’ come Pier Luigi Bersani, o più moderno, come Alessandro Di Battista, o un pizzico più erudito, alla Corrado Augias, o almeno credibile come lo era Sergio Cofferati, a mandato scaduto potrebbe riciclarsi da caratterista da salotto televisivo, o quantomeno da influencer. Continuerà invece a fare l’ininfluenter, ma almeno gli italiani non saranno più costretti ad ascoltarlo; e non avranno più i venerdì rovinati dal suo sterile agitarsi.

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