Essere un simbolo. La politica lo sappiamo ruota attorno a questo e quando sei in debito d’ossigeno, non sapendo come mettere in crisi l’esecutivo Meloni, devi aggrapparti a tutto pur di riuscire a costruire il tuo domani. In quest’ottica arrivano le nomine alla nuova giunta regionale in Toscana. Eccoli quindi Emiliano Fossi, segretario Pd in regione, Eugenio Giani, il governatore confermato, ed Elly Schlein, il leader dei dem, scervellarsi per trovare i nomi giusti. Avranno sfogliato la rosa, li immaginiamo crucciati al tavolo delle decisioni irrevocabili, e scartato frotte di papabili. Stile Fight Club quando devono iniziare l’addestramento. «Questo troppo vecchio». «Questo troppo alto».
Fino a quando per il ruolo di vicepresidente della regione rossa per antonomasia è apparsa la scheda di Mia Bintou Diop. Il nuovo che avanza. L’anagrafe del consigliere comunale di Livorno dice 23 anni, perfetta per essere la vice più giovane di sempre in Toscana. Durante la campagna elettorale ha avuto come compito quello di occuparsi della comunicazione e dell’organizzazione degli eventi facendosi, non poteva essere altrimenti, bandiera della mozione Elly sul territorio. In questo modo, colpo di scena, è entrata nella direzione nazionale del Partito Democratico. Quindi starete aspettando di scoprire quante preferenze ha accumulato, alle scorse elezioni regionali, per arrivare ai vertici della giunta Giani bis. Scartiamo subito la sorpresa, nessuna preferenza. Perché non è stata nemmeno candidata. Ma chi è, in sintesi, Mia Diop? Consigliere comunale livornese, eletta lo scorso anno con 464 preferenze - arrivando quinta tra i più votati del Partito Democratico in città- ha la doppia cittadinanza. Ovvero quella italiana, da parte di madre, e quella senegalese da parte di padre.
Del babbo, per dirla alla toscana, Mbaye Diop ci siamo già occupati su queste colonne. Qualche anno fa la trasmissione Fuori dal Coro aveva evidenziato come il genitore, per lungo tempo presidente della comunità senegalese locale, ha vissuto oltre 20 anni in una casa popolare senza pagare un euro d’affitto. Debito accumulato? Una morosità da 27mila euro. A onor del vero, durante il servizio della trasmissione di Rete4, la figlia aveva preso le distanze dal padre evidenziano le incongruenze e l’inadeguatezza del comportamento di Diop senior. Ma quello che ci interessa è il microclima culturale in cui sorge questo nuovo totem della sinistra scheliniana. Mbaye, in un video di 13 anni fa pubblicato da Il Tirreno, vaticinava una Livorno del 2032 con istituzioni prettamente africane. «Un questore di origine senegalese o un responsabile dell’ufficio stranieri di origine marocchina. O un sindaco, addirittura, nigeriano. Può sembrare utopia, ma vogliamo costruire una Livorno con uno scenario del genere». Come dite? Certo la sostituzione etnica non è una pratica voluta e messa a sistema dalla sinistra. No, assolutamente. Bisogna solo lasciarli parlare per fugare ogni dubbio.
Intanto la stampa, Corsera e Repubblica lancia in resta, è partita con l’opera di beatificazione di Mia Diop. I vangeli ci raccontano che a 10 anni ha incantato Pierluigi Bersani con un comizio sullo ius soli, a 16 ha preso la tessera del Pd e a 21 era la più giovane coordinatrice dei volontari che si sono spesi per l’elezione della Schelin a segretario dei dem. Poi ha trasformato un anno da consigliere comunale nella vicepresidenza della Toscana e per gli altri miracoli è in modalità lavori in corso. La beatificazione non può attendere. Soprattutto dopo l’elezione a sindaco di New York di Zohran Mamdani, l’uomo a cui la sinistra globale ha appioppato la sanità, manco fosse Padre Maronno. E così, un po’ ovunque, leggiamo che la quota Mamdani in Toscana spetta a lei. In queste manovre, però, tra i tanti grandi assenti c’è sempre e solo una presenza assidua: i meriti a priori dei volti dem. Il nobel preventivo per l’avvenire del resto è affar loro, a fare politica poi ci pensano gli altri.