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Il Pd attacca la Venezi ma non vede Mia Diop

Una vicenda politica emblematica che dovrebbe far trarre al centrodestra due conclusioni
di Corrado Ocone venerdì 14 novembre 2025

3' di lettura

E poi si lamentano del fatto che gli italiani non amino più la politica! Non siamo di quelli che credono che il politico debba avere competenze tecniche o specifiche: non è detto che un medico sia un bravo ministro della Salute o che un rettore sia la miglior scelta per il dicastero dell’Università. Ma una competenza e una gavetta in politica dovrebbe essere nel suo curriculum, soprattutto se si va ad occupare posizioni di responsabilità come può essere la vicepresidenza di una regione importante quale la Toscana.

Indubbiamente Mia Diop queste competenze non ha avuto nemmeno il tempo di farsele, sul campo, avendo solo ventitré anni. Ed è chiaro altresì che è stata scelta solo perché è un simbolo per un Pd sempre più a corto di idee e appiattito sulle posizioni movimentiste e radicali della sinistra sinistra. D’altronde, Soumahoro e Ilaria Salis sono stati catapultati nei parlamenti italiano ed europeo secondo la stessa logica. Per non dire dei grillini che avevano dato l’assalto alle istituzioni al grido di “uno vale uno” promuovendo al rango di parlamentari, e persino di statisti, illustri sconosciuti senza gavetta ed esperienze alcune.

Non resterebbe che prendere atto di questa deriva antipolitica se non fosse che è la stessa sinistra a imputare alla destra, ad ogni pie’ sospinto, l’incapacità di scegliere persone competenti favorendo solo amici e conoscenti. Un classico caso di proiezione psicoanalitica che avrebbe fatto gioire Freud alla costante ricerca di conferme alle sue teorie!

Pensate solo un attimo a quel vero e proprio attacco mediatico, e non solo, che ha dovuto subire Beatrice Venezi quando è stata nominata direttore musicale del Teatro La Fenice di Venezia. Le si è imputato di tutto, a cominciare dalla giovane età che la faceva naturaliter incompetente. E poco importa se nei suoi trentacinque anni aveva ottenuto come direttrice d’orchestra incarichi e referenze di tutto rilievo in ogni parte del mondo, di tutto la si poteva criticare ma non di non avere i titoli adatti per ricoprire quel prestigioso incarico.

Inutile dire che la Venezi per i compagni ha una sola ed unica colpa: non essere di sinistra; essendo tutto il resto sovrastruttura, falsa coscienza, ideologia, come avrebbe detto il buon Marx ai suoi stessi eredi. Sinistra che, d’altronde, sentendosi “moralmente superiore”, si è potuta permettere quando era al governo di nominare laqualunque ad ogni ruolo: il fatto stesso di essere dalla “parte giusta” garantiva a priori per tutti rendendoli immuni da ogni critica. Insomma, si pretende che la destra, in quanto “culturalmente rozza”, faccia nomine di sinistra anche quando è al governo. Il che, a ben vedere, è un bel modo di concepire la democrazia e la libertà. Due considerazioni si possono fare a latere di questo dispositivo di pensiero che vediamo ogni giorno all’opera.

La prima è che la destra debba evitare di seguire nelle sue scelte la logica dell’appartenenza, pur favorendo i suoi uomini sedi qualità (come è certamente la Venezi), ma quella del merito e della competenza: insomma il suo compito è di favorire il pluralismo e non di combattere l’egemonia di sinistra creandone una col segno cambiato.

La seconda è che non debba essere nemmeno troppo timida nel fare le sue scelte, come talora avviene, per una sorta di sudditanza psicologica alla sinistra egemone. Se saprà muoversi lungo lo stretto sentiero che la tiene lontana da questi due errori, la destra al governo lascerà in eredità qualcosa di veramente importante al Paese.

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