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Terzomondismo illiberale e democrazia trumpiana

Il "musulmano socialista" tutelato dai diritti di quell'Occidente che contesta
di Verdiana Garau venerdì 14 novembre 2025

3' di lettura

Il quadro si riferisce alle quattro libertà che il Presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt, identifica come essenziali perla protezione dei diritti umani universalmente riconosciuti. Libertà di parola, libertà di culto, libertà dal bisogno, libertà dalla paura. In che misura si può oggi dunque sostenere che negli Stati Uniti di Trump ci sia meno democrazia?

Partiamo proprio dalla recente vittoria del “musulmano socialista” o comunista, Mamdani. Doverosa è la premessa: Mamdani è un terzomondista e per terzomondista si intende in gergo tecnico colui che propugna il progetto moralista post-coloniale nato a metà del secolo scorso e che secondo il quale la politica debba essere rifondata per mezzo dell’insorgenza contro la – non ben specificata- egemonia occidentale.

Insomma, una democrazia (alquanto ambigua), contro “la democrazia degli altri”, per citare un altro terzomondista, il premio Nobel Amartya Sen, secondo il quale non c’è crescita senza democrazia e lo sviluppo è libertà.

Ma questo sappiamo oggi essere ben falso. Abbiamo la Cina, non certo un paese democratico e soprattutto, per restare in tema di mamdanismi, abbiamo i Paesi del Golfo, che probabilmente ottengono gli stessi risultati in termini di crescita e sviluppo senza però perder troppo tempo o aggeggiare in procedure democratiche. Quindi lo sviluppo è libertà? La crescita può essere prodotta solo nelle democrazie?

Direi di no se messa così, ma concediamo ad Amartya Sen le sue convinzioni da economista. Direi piuttosto però che la tanto amata democrazia declamata dalle nuove sinistre, le post sinistre, I socialismi musulmani, i partiti democratici che tifano per Hamas, i partiti sedicenti apolitici (e potrei andare avanti), dunque direi che la sempre più spesso invocata democrazia che secondo alcuni è divenuta “meno democrazia”, secondo loro per colpa di Trump, altro non è che il prodotto concepito, nato e cresciuto e che si è sviluppato proprio in quell’occidente che però non piace ai terzomondisti post-coloniali.

Perfetto non-sequitur: per un qualche blocco psico-ideologico non si riesce ad ammettere che il modello eurocentrico e più generalmente occidentale è l’unico modello che ha fin qui permesso a tutti, nessuno escluso, di esprimersi e persino vincere le elezioni e poi di crescere e prosperare.

Cosa ci sia di male a riconoscerlo non mi è affatto chiaro. Così come chiaro non mi torna l’ideologico anti-occidentalismo per giunta occidentale, poiché altro non risulta essere che il prodotto della distorta percezione di se stesso. Un palese tentativo di suicidio. Un conosci te stesso sarebbe quindi d’obbligo prima di pontificare o avanzare critiche al piatto mangiato dove adesso si sputa.

Ritorniamo per un attimo allo sviluppo e alla crescita: in una democrazia liberale, quella nata in occidente ndr, la libertà non si determina esclusivamente su fattori numerici come quelli economici, ma devono essere preceduti dalla misurazione dei valori sociali, ovvero quelli che determinano sviluppo e crescita dei suoi individui e delle sue comunità. Quindi libertà di parola, libertà di culto, libertà dal bisogno e libertà dalla paura über alles.

E qui salta l’asino: Il terzomondismo post-coloniale mal si sposa con le quattro libertà testé citate, perché si propone proprio di abbattere ciò che chiama “egemonia occidentale”, egemonia che già aveva prodotto quelle libertà. Chiudo con una domanda mentre mi ritrovo di fronte al paradosso dei paradossi: mentre dunque il vecchio Islam prospera negli Stati Uniti e anche in Europa ormai da tempo insieme ai vari radicalismi religiosi e politici di sorta, nei paesi islamici più ricchi si cominciano a far strada nuove idee, a partire dall’abbandono del fondamentalismo, mentre invece nei paesi islamici più poveri, come l’Iran, che una volta vantava una intellighenzia libera e occidentalizzata, si fa largo la generazione post-islamica.

A chi dovremmo assomigliare noi, ai terzomondisti e ai post-islamici iraniani? Posto che ci si chiede anche se dovremmo essere noi a dover assomigliare a altro oppure gli altri somigliare di più a noi (occidentali)? E quando Trump chiede a Mamdani di rispettare Washington, augurandosi prosperità per la città di New York, non è quello forse un richiamo al rispetto dell’Occidente che dà a un mamdani qualsiasi la libertà di esprimersi, di essere musulmano, di essere benestante, di non aver paura di dire ciò che pensa e poi persino di legiferare?

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