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Cicchitto: "Condono e patrimoniale per abbattere il debito"

Il capogruppo Pdl a Libero: "Il nostro piano? Sanatoria, mini intervento sui redditi, riforma delle pensioni e dismissioni"

Costanza Signorelli
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Le manifestazioni di protesta svoltesi in tutto il mondo occidentale richiedono una riflessione. A provocarle sono contraddizioni emerse con caratteristiche diverse in Usa, in Europa e in Italia. Specie negli Usa la protesta è provocata dal fatto che sono state spese somme enormi per salvare le banche provocando dissesti nei conti pubblici che adesso si cerca di sanare con operazioni restrittive che finiscono col danneggiare le aree sociali più deboli. Le banche non sono innocenti. Esse, gli hedge fund, le stesse società di rating, sono stati i protagonisti di una finanziarizzazione del liberismo reganiano e tatcheriano che ha prodotto guasti profondi: le banche americane e inglesi hanno propagato titoli tossici per tutto il mondo. Gli effetti negativi durano ancora, anche perché il sistema non è stato cambiato né sono state introdotte regole in grado di sottoporlo a controlli penetranti. In Europa la tossicità del sistema anglosassone si è intrecciata con la contraddizione costituita dell'esistenza di una moneta unica, l'Euro, e politiche economiche diverse dei singoli stati. Tutto ciò ha aperto contraddizioni sulle quali si è innestata la speculazione. Comunque negli Usa e in Europa c'è stato un peggioramento delle condizioni economiche del ceto medio, la precarizzazione, l'esclusione dal circuito economico dei giovani. La crisi del compromesso socialdemocratico fondato sul welfare derivante da eccessi di spesa, da dirigismo, da burocratismo ha messo in scacco una mediazione economico-sociale che aveva dato relativa equità sociale ed è una delle ragioni di fondo della protesta sociale. Questa protesta ha avuto in Italia una componente violenta per l'esistenza di una anomalia che discende da molteplici fattori sociopolitici. A destabilizzare nel profondo l'equilibrio economico italiano non sono state le banche ma una serie di fattori strutturali: l'elevatissimo debito pubblico, il fatto che una parte dell'industria italiana non ha investito in tecnologia i suoi profitti, una pubblica amministrazione inefficiente, un Mezzogiorno oppresso dalla criminalità organizzata e dal clientelismo di una parte della sua classe dirigente. In Usa, la protesta sociale richiede interventi assai incisivi sulla governance, sul terreno di una fiscalità troppo sbilanciata a favore dei ricchi, sul riequilibrio degli eccessi di retribuzione dei manager. A livello europeo non è più sostenibile la contraddizione fra una moneta unica, i parametri di Maastricht, il patto di stabilità e l'esistenza di troppe politiche economiche. È vitale la gestione globale della politica economica. Sia per quello che riguarda gli Usa che l'Europa la risposta è l'economia sociale di mercato. Il liberismo assoluto, così come prima il dirigismo, sono entrambe falliti. Per ciò che riguarda l'Italia se non si interviene sul debito essa né supera la crisi né riesce a ripartire sul terreno della crescita. Finora è stata fatta una politica di rigore, attraverso una serie di manovre che hanno salvato l'economia da guai peggiori. Questa politica ha avuto il limite di essere fondata su tagli lineari: il contrario di una politica riformista. Ora molte speranze si basano sul decreto-sviluppo. Ci auguriamo che si traduca in un aiuto alla crescita. Tuttavia i margini sono limitati visto che “non ci sono soldi”. Allora bisogna andare oltre il decreto. Emerge un dato politico ed economico. Se si vuole arrivare fino al 2013 nel quadro politico del governo di centrodestra, bisogna realizzare novità politiche e innovazioni in politica economica. Lasciamo in sospeso la parte del discorso che riguarda gli equilibri politici, se non per escludere le elezioni anticipate e un governo di transizione. Nell'immediato, per ciò che riguarda la politica tout court, riteniamo che va portata avanti la trasformazione del Pdl in un partito democratico, radicato sul territorio. Tesseramento, congressi locali, primarie per le cariche elettive. Sul terreno politico ed economico-sociale sono suonati alcuni campanelli d'allarme. A Todi è emerso un problema cattolico anche se il mondo cattolico è attraversato da un pluralismo di posizioni. Dei problemi possono emergere anche dall'area socialista-riformista (che a Fi e poi al Pdl non ha portato solo alcuni ottimi uomini di governo ma il 5% dei voti circa). Analoghe inquietudini emergono fra gli uomini di cultura liberale (Martino). Sul terreno economico-sociale vediamo che l'interclassismo del Pdl (piccole e medie imprese, artigiani, commercianti, professionisti, e una parte dei lavoratori dipendenti) va  incontro a contestazioni. Dobbiamo però anche dire che allo stato delle cose i due assi fondamentali e finora esclusivi della politica economica sono costituiti dai tagli lineari alla spesa e da una lotta così totale all'evasione fiscale che essa ormai, stando a quello che scrive un osservatore obiettivo come Ostellino, mette in discussione lo stato di diritto. Ciò è stato funzionale alla riduzione del rapporto deficit/Pil e all'aumento dell'avanzo primario. Va dato atto che ciò ha evitato che l'Italia fosse risucchiata nel default. Dobbiamo però avere coscienza che oramai è indispensabile una politica di crescita, per evitare nuove crisi. La crisi finanziaria e la forza della speculazione sono ancora tali da non consentirci di rimettere in questione i conti pubblici e quindi di fare operazioni in deficit. Per questo bisogna prendere di petto l'abbattimento del debito. Al di là del decreto sviluppo l'unico modo per favorire la crescita è la riduzione della pressione fiscale a favore di imprese e lavoro. Un'operazione del genere è possibile se si abbatte il debito. Per abbatterlo bisogna combinare alcune misure: una minipatrimoniale del tipo di quella proposta dal prof. Tabellini, l'aumento dell'età pensionabile, la dismissione di una parte dei beni pubblici (per noi vanno escluse da questa operazione aziende come l'Eni, l'Enel, la Finmeccanica) comprese le aziende locali, e il condono o misure equivalenti (ad esempio l'onorevole Leo ha proposto l'ipotesi tecnicamente assai ben costruita del concordato). Qualcuna di queste voci può essere ridotta o esclusa per ragioni politiche, ma il governo ha il diritto/dovere di misurarsi con esse se vuole durare fino al 2013 perchè è insufficiente rimanere fermi su una linea fondata solo sulla lotta “totale” all'evasione e sui tagli lineari. Bisogna ricostruire il consenso di quel blocco sociale che è il retroterra del centrodestra messo in crisi dalla politica economica condotta finora. Ciò può avvenire solo se si liberano risorse per la crescita. Tutto ciò richiede una riflessione strategica da parte dei partiti della maggioranza. Nel Pdl, ma non solo, è forte la richiesta di una gestione collegiale della politica economica, essa è una questione politica decisiva. di Fabrizio Cicchitto Capogruppo Pdl Camera

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