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Inciucio Pdl-Pd: si salvi chi può

Il partito del premier potrebbe chiedere ai democratici un governo con i politici e non di soli tecnici. Ma dietro il sì di Monti c'è una convinzione: al voto a giugno

Andrea Tempestini
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Mario Monti, che ormai parla da primo ministro («abbiamo un lavoro enorme da fare…»), ieri è salito al Quirinale per ritoccare la lista dei ministri e l'elenco delle cose da fare. E pazienza se il rituale previsto dalla Costituzione è un po' diverso da quello messo in pratica  dall'economista della Bocconi e da Giorgio Napolitano: nessuna delle vestali della Carta sembra farci caso. Tutto fatto, dunque? No. La nascita del governo Monti è un evento probabile, ma non sicuro. I principali partiti che dovrebbero sostenerlo, Pdl e Pd, tremano all'idea di farlo. Nel corso della giornata di ieri Silvio Berlusconi è passato dalla sentenza lapidaria per cui «Monti è una scelta ineludibile» all'annuncio, assai più cauto, secondo cui «prima di decidere su un eventuale governo tecnico Monti voglio sentire tutti, il mio partito e gli alleati». Anche se l'esito pare scontato, modi e tempi della resa sono importanti. A consigliare passi felpati al premier è la rivolta che si è scatenata all'interno del suo partito. Per mesi è sembrato che la rottura dovesse essere compiuta dai tanti parlamentari desiderosi di evitare il ritorno alle urne per restare in carica sino alla fine naturale della legislatura, ma nella notte tra mercoledì e giovedì si è capito che i più incavolati sono coloro che non intendono dare il via libera a un governo «partecipato e sostenuto dalla sinistra» e guidato «da un tecnocrate», per usare le parole di  Maurizio Sacconi. Un gruppo di tutto rispetto, che comprende ex An come Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Altero Matteoli, ma anche ex forzisti come lo stesso Sacconi e Renato Brunetta. La soluzione su cui potrebbe ritrovarsi il Pdl si chiama «governo politico di emergenza». Fuori dal politichese, consiste nel rimettere il cerino nelle mani di Pier Luigi Bersani e compagni. La proposta da avanzare al Pd sarebbe la seguente: noi facciamo un gesto di responsabilità, sul governo Monti ci mettiamo la faccia e proponiamo per esso alcuni dei nostri uomini migliori, a partire da Gianni Letta. Vi invitiamo a fare lo stesso. Siamo pronti ad accettare nomi come Giuliano Amato e Pietro Ichino. Proponetene altri, ne discuteremo volentieri. Per molti è una soluzione di ripiego. Gli ex An avrebbero preferito altre strade. «Esiste anche la possibilità di stare responsabilmente all'opposizione, astenendosi sui provvedimenti indispensabili e di interesse nazionale», spiega il direttore del Secolo, Marcello De Angelis. «Si prenda Casini la responsabilità di onorare gli impegni presi con l'Europa. Noi l'avremmo fatto in un governo politico, magari con lui. Ma Casini ha preferito altrimenti». Però la proposta al Pd di «sporcarsi le mani» assieme al Pdl in un governo destinato a varare i provvedimenti impopolari dell'“Agenda Europa” inizia a fare breccia anche tra chi spera ancora nelle elezioni. In questo caso Bersani, Rosy Bindi e gli altri dovrebbero non solo votare la fiducia a un governo che comprende ministri berlusconiani, ma anche condividere con loro la «macelleria sociale» che il governo Monti sarà chiamato ad attuare. Scelta alla quale il Pd non è ancora in grado di dare una risposta. Anzi: la prima condizione che ha posto il Partito democratico, la «totale discontinuità» tra il gabinetto Monti e quello del Cavaliere, cioè l'assenza di ogni ministro di Berlusconi dal nuovo esecutivo, va in direzione contraria alla proposta su cui sta ragionando il Pdl. Dove molti si preparano ad appoggiare il governo Monti nella certezza che intorno a marzo, varati i provvedimenti più urgenti e vista la difficoltà di mantenere in piedi una coalizione tanto improponibile, si scioglieranno comunque le Camere per andare al voto anticipato in maggio o giugno. di Fausto Carioti

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