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Riforme, le tre possibili strade

Su Libero gli interventi di Ichino, Maresca e Daveri sull'articolo 18: mettere mano al mercato del lavoro è necessario

Andrea Tempestini
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La riforma del lavoro monopolizza l'attenzione politica: questa l'ultima sfida, una delle più difficili, per il governo tecnico di Mario Monti. Il dibattito è acceso e vivace, le proposte sul tavolo le più disparate. Su Libero dello scorso venerdì quattro interviste sintetizzavano le principali posizioni riformiste sul tema. La domanda che ci si pone è quali strade possano essere seguite per mettere mano al mercato del lavoro. Il giuslavorista del Partito Democartico Pietro Ichino è autore di una delle bozze più discusse e che raccolgono un apprezzamento trasversale. Ichino spiega che il rifiuto del posto fisso convenga a tutti: "Occorre un mercato del lavoro fluido non solo nella sua metà non protetta, ma anche in quella del lavoro regolare, a tempo indeterminato". La sostanza è che "anche chi è assunto a tempo indeterminato potrebbe guadagnare di più". "Riequilibrare la flessibilità" - Secondo Arturo Maresca, giuslavorista e professore all'universitò Sapienza di Roma, è necessario mettere la mani sull'articolo 18 "perché consentirebbe di riequilibrare la flessibilità. Che è necessaria non tanto perché la voglia l'impresa, quanto perché il mercato la impone". Il punto è che "alle imprese serve certezza sulla fase in cui si interrompre il rapporto con i dipendenti", a patto che i licenziati ricevano un indennizzo. La posizione di Maresca è la seguente: occorre "modificare l'articolo 18 dando alle imprese certezze sullo scioglimento del contratto. Spingendole, così, a scegliere l'assunzione a tempo indeterminato. E bisogna soprattutto lavorare sulla tutela del lavoratore in due modi. Prima cosa, dargli un indennizzo quando perde il lavoro. Secondo, attivare politiche di ricollocazioni efficaci". "Il mondo è cambiato" - La terza posizione espressa era quella di Francesco Daveri, docente della Bocconi e insegnante di politica economica a Parma. Da economista sottolinea "un'esigenza da salvaguardare: la riduzione dell'attuale dualismo tra lavoratori garantiti dalle tutele dello Statuto e i tanti non garantiti". Secondo Daveri ci sono diversi modi per ottenere questo risultato, necessario poiché "Siamo ancora fermi all'inizio degli anni '70". Lo Statuto dei lavoratori, infatti "risale a un'epoca di grandi conflitti" e "ora tutto il mondo è cambiato". La sostanza è cha è necessario proteggere il lavoro, non il posto. "La maggiore libertà di licenziare va esercitata solo nel rispetto di precisi limiti", in base alle diverse esigenze dei lavoratori e delle aziende nei vari settori: "Non è importante che esista un contratto nella norma".

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