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Berlusconi oggi incontra Monti: chiederà la riforma giustizia

Il Cav a pranzo dal premier: prenota il prof anche dopo il 2013 e chiede di procedere spediti con la riforma della magistratura

Andrea Tempestini
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I deputati attendono nervosamente l'inizio delle votazioni alla Camera: sono già le sei del pomeriggio. Uno in particolare non ne può più di starsene con le mani in mano. Guido Crosetto accende e spegne sigare nel cortile di Montecitorio. L'economista del Pdl, per ingannare la noia, tratteggia scenari da tramonto dell'Occidente: «Ma le  avete viste le previsioni macroeconomiche dell'Unione europea spedite alle Commissioni parlamentari?». Meglio non guardarle, dice lui: fino al 2024 quel po' di crescita prevista per l'Italia sarà mangiata dall'inflazione. «I decreti del governo sono come un trapianto di cuore e polmoni su un ottantenne. Non si può pretendere che poi ricominci a correre come quarantanni prima». E l'economia italiana non prenderà velocità. Non nel breve periodo. Forse neanche nel medio. Forse mai più. IL PATTO La crisi non si risolve entro le prossime elezioni. Può, dunque, la politica tornare alla sua solita dialettica destra-sinistra? Gli insulti, i dispetti, le polemiche? Non è che il senso di responsabilità, di fronte alle difficoltà dei cittadini, impone un armistizio più duraturo? Sono le domande che si sta ponendo Silvio Berlusconi, consapevole, come Crosetto, dello stato d'allarme. Sicché, nei suoi ragionamenti di scenario, il Cavaliere non esclude che l'esperienza di Mario Monti a Palazzo Chigi possa protrarsi, se serve e se lui è disponibile, anche nella prossima legislatura. Ciò imporrebbe di confermare il patto con il professore e con le altre due gambe della grande coalizione (Pd e terzo polo) anche in vista delle Politiche 2013. Ma è solo un'idea. L'ex premier è concentrato sull'oggi. A pranzo Berlusconi vedrà il suo successore. Incontro di routine, sminuisce un po' Palazzo Chigi, a ruota Monti vedrà anche gli altri leader della coalizione. Poco importa: Silvio si presenta per confermare il sostegno dei suoi parlamentari al governo, ma anche per chiedere qualcosa in cambio. Le liberalizzazioni: il Cavaliere, accompagnato da Alfano e Letta, vuole che il proprio partito abbia voce in capitolo e che l'esecutivo accolga una serie di emendamenti vincolanti per guadagnarsi l'ok degli azzurri. Poi Silvio intende chiedere tempi certi sulla riforma del lavoro e informazioni sulle prossime misure allo studio del governo. A tal proposito Berlusconi ha una richiesta. Nelle ultime settimane l'ex presidente del Consiglio è ossessionato dalle “attenzioni” riservategli dalla procura di Milano. Si sente vittima di una aggressione continua e non ne può più. Ebbene: Silvio mette sul piatto della bilancia la lealtà degli azzurri, ma sull'altra chiede a Monti la riforma della giustizia: «Non funziona, è preda delle toghe politicizzate, va cambiata radicalmente». Su altri temi è pronto a trattare, su questo non transige. Va detto che l'uomo di Arcore è molto infastidito dal protagonismo del ministro Severino, che annuncia di voler cambiare le leggi fatte dai suoi governi. Nondimeno, Berlusconi si è infuriato quando, per due volte, il Guardasigilli ha sostenuto di non avere elementi per dire se il Cavaliere sia un «perseguitato politico», come si protesta lui. CASO PALERMO Ieri sera il leader ha ricevuto i vertici del Pdl a cena. Sul tavolo, le relazioni col governo ma anche le elezioni amministrative. Che sono una vera e propria rogna. A Palermo e Genova, gli azzurri scontano il veto del terzo polo. Casini ha già i suoi candidati (Costa e Musso) e non accetta l'alleanza con il Pdl. È chiaro: vuole costringere i berluscones alla debacle, fiaccarli e poi farsi lui, Pier, il motore del nuovo contenitore moderato di centrodestra. Palermo è stato l'oggetto di un incontro tra Alfano e Miccichè. Che non ha sciolto nodi: Grande Sud non ha deciso se sostenere il Pdl o i terzopolisti.  Nel partito monta il malessere e la depressione. Gli ex An hanno partecipato attoniti al ricevimento di lunedì sera a Villa Gernetto. Ne hanno ricavato l'idea di un movimento allo sbando. Ma non intendono mollarlo: «Se Berlusconi vuole farsi un partito nuovo», spiega uno di loro, «il Pdl ce lo teniamo noi». di Salvatore Dama

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