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Strage via D'Amelio, quattro nuovi arresti. 'Borsellino sapeva di trattative Stato-mafia'

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Cronaca

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Palermo, 8 mar.- (Adnkronos) - Arriva a una svolta la nuova inchiesta per la strage di via D'Amelio che il 19 luglio del 1992 provocò la morte del giudice Paolo Borsellino e di cinque agenti della sua scorta. Nella notte la Dia di Caltanissetta, su richiesta del Procuratore capo Sergio Lari, ha eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere. I provvedimenti, firmati dal gip Alessandra Giunta, sono stati notificati al capomafia palermitano Salvatore Madonia, 51 anni, detto 'Salvuccio', a Vittorio Tutino, 41 anni, a Salvatore Vitale, 61 anni, tutti già detenuti e all'ex pentito di Sommatino, Calogero Pulci, 52 anni. Secondo i magistrati, Salvuccio Madonia sarebbe uno dei mandanti della strage. Mentre il collaboratore di giustizia Pulci, è accusato solo di calunnia aggravata. Nell'ambito del processo 'Borsellino Bis' accusò falsamente Gaetano Murana, di aver partecipato alle fasi esecutive dell'attentato di via D'Amelio. Murana venne poi condannato all'ergastolo, e scarcerato solo pochi mesi fa dopo quasi vent'anni di carcere. I magistrati di Caltanissetta sono convinti che Borsellino sapeva dell'esistenza di una trattativa tra lo Stato e la mafia. Dalle indagini emerge "che della trattativa era stato informato anche il dottor Borsellino il 28 giugno del 1992. Venne quindi ucciso perché era ritenuto dal boss Totò Riina come un "ostacolo" alla trattativa tra Stato e mafia. Una trattativa che "sembrava essere arrivata su un binario morto" che il boss dei boss voleva "rivitalizzare" con una sanguinaria esibizione di potenza. Ne sono convinti i magistrati nisseni. "La tempistica della strage è stata certamente influenzata dall'esistenza e dalla evoluzione della così detta trattativa tra uomini delle Istituzioni e 'cosa nostra'", scrivono. Determinante, per la nuova inchiesta della Dda di Caltanissetta, si è rivelata la collaborazione del pentito di mafia Gaspare Spatuzza, l'ex killer di Brancaccio che rubò la Fiat 126 poi imbottita di esplosivo. La Procura di Caltanissetta aveva chiesto l'arresto di una quinta persona, il meccanico Maurizio Costa, a cui Spatuzza si rivolse per sistemare i freni della Fiat 126, ma il gip ha rigettato la misura. Costa resta indagato a piede libero per favoreggiamentro aggravato. Quanto a Massimo Ciancimino "ha contribuito a risvegliare la memoria di persone che, pur non direttamente chiamate in causa da lui, forse temevano che fosse a conoscenza di vicende inerenti la trattativa di cui essi erano stati testimoni privilegiati e che in precedenza non avevano mai rivelato ad alcuno". I magistrati parlano di "un giudizio finale sostanzialmente negativo sull'attendibilità intrinseca" di Massimo Ciancimino e di "pseudo collaborazione di Ciancimino", che "sembra essere più favorevole agli interessi di Cosa nostra che a quelli dello Stato". E non escludono che dietro di lui ci sia "una regia occulta". Il gip di Caltanissetta - è la prima volta nell'ambito delle inchieste sulle stragi mafiose del '92 in cui morirono i giudici Falcone e Borsellino - ha contestato anche di aver organizzato la strage di via D'Amelio per fine terroristici, con la finalità di indurre lo Stato a trattare con Cosa nostra sotto l'urto di un'azione eclatante. L'aggravante viene contestata anche ai presunti esecutori della strage di via D'Amelio, Vittorio Tutino, Salvatore Vitale e il pentito Gaspare Spatuzza. I quattro arresti sono il risultato di "un'indagine di grande complessità, ha esordito il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari. Indagine con la quale è stata inoltre "smentita l'ipotesi che il telecomando che fece saltare in aria l'autobomba in via D'Amelio fosse stato azionato a Castel Utveggio". E' invece emerso che "a azionare il telecomando è stato Giuseppe Graviano che era posizionato dietro un muretto in via D'Amelio", ha aggiunto il procuratore di Caltanissetta sottolineando che "la deliberazione della strage nasce da una decisione presa autonomamente da Cosa nostra. E' sbagliato parlare di mandanti esterni semmai di concorrenti esterni". Dal canto suo il procuratore aggiunto di Caltanissetta Nico Gozzo ha affermato che "i più alti vertici dello Stato sapevano della trattativa tra pezzi dello Stato e la mafia nel '92". "Che ci fosse stata una trattativa ormai è un fatto accertato", dice. "La strategia della tensione non ha mai abbandonato l'Italia", ha detto il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso aggiungendo: "Spesso in momenti di particolare destabilizzazione e confusione del quadro politico dopo Tangentopoli c'era il pericolo di una deriva che portasse a mutamenti politici magari non graditi". "Non bisogna mai abbandonare il percorso verso la verità, anche se è passato tanto tempo e ci sono verita' processuali definitive", ha poi sottolineato Grasso. La svolta sulla nuova indagine della strage di via D'Amelio "è un fatto positivo e dimostra che anche quando è estremamente difficile l'accertamento della verità, si aprono importanti squarci di verità su cui potere proseguire". Lo ha detto all'ADNKRONOS il Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia per il quale questa ordinanza "è solo il primo tassello per arrivare alla ricostruzione del quadro più completo. Non è un punto di arrivo ma un punto fermo per proseguire e arrivare alla verità".

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