BERLINO CONGRESSO EASD 2012

FLESSIBILITA’: LA NUOVA PAROLA D’ORDINE DEL DIABETE

Laura Monti

  Le proiezioni per il 2030 parlano di un mondo popolato da un miliardo di persone tra diabetici e prediabetici. Basta questo numero a far intuire che una terapia a ‘taglia unica’ non può andare bene per tutti, giovani e anziani, poveri e ricchi, magri e obesi. Ogni paziente è una storia a parte. Per questo il ritmo della terapia non può essere scandito da schemi rigidi come gli scambi di un binario, come è stato finora con le linee guida terapeutiche dominate dai cosiddetti algoritmi. Roba buona per l’intelligenza binaria di un computer, non per la vita quotidiana di una persona, fatta di alti e bassi, di complessità, di necessità imprevedibili. E così anche il mondo della diabetologia si adegua. Come dimostra l’ultimo ‘position paper’ congiunto della società americana (ADA) e di quella europea (EASD) di diabetologia. La terapia del diabete è una cosa seria. Lo era ieri quando il medico aveva a disposizione solo tre classi di farmaci, e lo è ancor più oggi di fronte a ben nove classi di farmaci, e con altre in arrivo. Il diabete è una condizione cronica, da trattare vita natural durante, giorno dopo giorno, con la stessa costanza e determinazione. Per evitare che presenti il conto. Quanto seria sia questa condizione lo dimostrano proprio i numeri delle sue complicanze: il diabete è la prima causa di cecità, di amputazioni alle gambe, di insufficienza renale che porta alla dialisi; almeno metà delle persone ricoverate per infarto sono diabetiche. Ma c’è bisogno di venire incontro alla gente, con delle terapie ‘su misura’ e degli obiettivi ragionevoli. Abbassare in modo aggressivo il livello della glicemia, può andar bene per un giovane con pochi mesi di malattia alle spalle; la stessa strategia può far grossi danni ad un veterano del diabete con le arterie già minate dall’aterosclerosi. E’ per questo che le società scientifiche di diabetologia hanno deciso di uscire dalla logica delle ‘linee guida’ e optato piuttosto per quella dei ‘consigli per l’uso’, modellando le terapie sulla base della persona che si ha davanti. In modo flessibile appunto. Flessibilità che si ritrova anche nella filosofia della più nuova delle insuline, la degludec, che si fa una volta al giorno, ma non necessariamente alla stessa ora, così da permettere ai pazienti di adeguare la terapia ai ritmi della propria vita, e non viceversa. Ma c’è anche un aspetto della ‘flessibilità’ che non va affatto bene. “Un’errata interpretazione del federalismo sanitario –afferma Carlo Giorda, presidente dell’AMD (Associazione Medici Diabetologi)– ha fatto dei veri disastri”. In Italia ci sono venti Regioni, e venti modi diversi di interpretare l’assistenza alle persone con diabete. “L’analisi condotta dalla SID (Società Italiana di Diabetologia) – spiega Stefano Del Prato, presidente SID - dimostra l’esistenza di oltre 150 leggi regionali e di una sostanziale disparità di trattamento delle persone con diabete”. Emblematico è il caso delle strisce reattive, quelle che i diabetici usano più volte al giorno per controllare la glicemia da una goccia di sangue. Le linee guida SID-AMD individuano 4 gruppi di pazienti, in base al numero dei controlli da fare, che dipendono dal tipo di terapia in atto: chi fa terapia con insulina dovrebbe controllare la glicemia almeno ogni volta che fa l’insulina; chi si cura con i farmaci in pillole, i controlli dovrebbe farli 4 volte la settimana; chi fa solo dieta e metformina dovrebbe fare i controlli secondo le indicazioni del diabetologo. A fronte di queste raccomandazioni scientifiche, alcune Regioni sono andate per conto loro, operando tagli lineari alla fornitura delle strisce reattive. Ma uno studio dimostra che hanno sbagliato. “Nelle Regioni che seguono le direttive SID-AMD – spiega il professor Andrea Giaccari, UOC Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, autore della ricerca – ogni anno si fanno 36 ricoveri per 100mila abitanti; in quelle che razionano le strisce ai pazienti (il 70% di queste Regioni sono al Sud), i ricoveri per diabete sono 80 ogni 100mila abitanti”. Insomma, si risparmia sulle strisce e si va a spendere una barca di soldi per le degenze ospedaliere. Forse sarebbe bene abbandonare le rigidità da contabile e diventare un po’ più ‘flessibili’ nei ragionamenti, quando si parla di salute! (LAURA MONTI)