TUMORE DEL POLMONE

"E dai meccanismi molecolari un punto di svolta nella terapia"

Maria Rita Montebelli

Il tumore del polmone è la neoplasia con il maggior tasso di mortalità nel mondo. Quali sono i numeri della diffusione di questo big killer in Italia e in Lombardia? Il tumore del polmone è la neoplasia più diffusa in tutto il mondo, con 1.350.000 di nuovi casi diagnosticati ogni anno. Ed è anche la principale causa di morte per cancro, responsabile di 1.180.000 decessi all’anno. Ogni giorno nel mondo muoiono di tumore del polmone 3.000 persone, pari a due decessi ogni minuto. In Europa le nuove diagnosi di tumore del polmone sono 375.000 l’anno, negli Stati Uniti 200.000, mentre in Italia per il 2014 sono attesi 38.000 nuovi casi, che rappresentano l’11% di tutte le nuove diagnosi di cancro: il 30% riguardano la popolazione femminile (dati AIRTUM 2014). Complessivamente si stima che in Italia convivano con una diagnosi di carcinoma polmonare 75.365 persone, pari al 3,4% di tutti i pazienti con neoplasia. La mortalità registrata è di 33.706 decessi in tutta la popolazione (dati Istat 2011), prima causa di morte nei maschi, terza nelle femmine. La sopravvivenza a 5 anni, tra i pazienti con tumore del polmone, è moderatamente aumentata nell’ultimo ventennio passando dal 10 al 14% negli uomini e dal 12 al 18% nelle donne (dati AIRTUM 2014). La Regione Lombardia è quella con il maggior numero di nuove diagnosi: 7.200 ogni anno di cui 5.100 tra gli uomini e 2.100 tra le donne. Sono invece circa 17.200 le persone che vivono con una diagnosi di tumore del polmone, di queste 12.485 sono uomini, 4.721 donne. I decessi per questa neoplasia nel 2013 sono stati 4.195 (dati tumori.net). Quali sono i principali fattori di rischio del tumore polmonare e quali le fasce di popolazione più colpite? Quanto è importante la prevenzione? Il fumo di tabacco è il principale imputato: l’85% dei tumori polmonari è strettamente correlato a quest’abitudine. Un fumatore che consuma 20 sigarette al giorno per vent’anni ha un rischio aumentato di ammalarsi pari al 2.000%. Anche il fumo passivo ha le sue responsabilità, in quanto concorre ad aumentare il rischio del 20-30%, insieme naturalmente all’esposizione a sostanze tossiche e inquinanti ambientali. Il tumore del polmone è una patologia tipica dell’età avanzata, la diagnosi avviene attorno ai 65-70 anni con un’età media di 63 anni. Negli ultimi anni si riscontra un certo incremento anche nelle fasce d’età più giovani (40-50 anni). La migliore prevenzione primaria consiste nell’evitare di iniziare a fumare. Se si è fumatori, occorre smettere quanto prima, mentre i fumatori accaniti dovrebbero sottoporsi a periodici controlli radiografici del torace. Dopo i 50 anni, inoltre, per i fumatori è bene effettuare periodicamente anche una TAC. Per alcune forme di tumore l’avvento delle terapie target ha rappresentato un importante miglioramento in termini di sopravvivenza e di qualità della vita. Quali sono i risultati e le prospettive di quest’approccio nel trattamento del tumore del polmone? Perché sono fondamentali la diagnosi tempestiva e la caratterizzazione molecolare? Negli ultimi anni si sono acquisite importanti conoscenze sui meccanismi di crescita dei tumori polmonari. È stata fondamentale l’identificazione di alcuni oncogeni coinvolti nello sviluppo dei tumori polmonari non a piccole cellule, portatori di anomalie geniche che sono il bersaglio dei farmaci biologici, due volte più efficaci della tradizionale chemioterapia e con un profilo di tollerabilità molto superiore. La mutazione più importante finora identificata è quella del gene EGFR, relativa a circa il 14% dei malati con adenocarcinoma polmonare in fase metastatica, che possono essere trattati con un inibitore di questo gene. I soggetti non fumatori ed ex fumatori esprimono quest’alterazione genica nel 25% dei casi. Le terapie target, o a bersaglio molecolare, sono in grado, se integrate con la chemio in senso sequenziale, di triplicare la sopravvivenza di questi soggetti rispetto a quanto sarebbe possibile con la sola chemio in soggetti senza mutazione. A breve, gli inibitori di EGFR, rimborsabili dal SSN in Italia, saranno tre: gefitinib, erlotinib, afatinib; ognuno con caratteristiche, studi clinici, peculiarità, costi e possibilità prescrittive differenti. Anche per i pazienti fumatori si può ipotizzare che il loro adenocarcinoma presenti una mutazione, in almeno il 5% dei casi. In questo caso si tratta del riarrangiamento del gene ALK, per cui è opportuno indagare in tempi utili questi pazienti alla luce dei vantaggi terapeutici ottenibili con i farmaci biologici. Altro fronte della ricerca sono i meccanismi che portano il tumore a sviluppare una resistenza a questi farmaci: l’identificazione d’inibitori di cosiddetta terza generazione, molto attivi nelle linee di trattamento successive alla prima, potrebbe permettere di costruire una sequenza di terapie tutte biologiche “chemio-free”, ovvero senza ricorso alla chemioterapia. Nel tumore del polmone il fattore tempo è ancora più fondamentale rispetto ad altri tipi di tumore. Interpretare i sintomi, non sempre specifici, e caratterizzare la sua identità genetica, permette di selezionare terapie efficaci sullo specifico tipo di tumore del polmone, tenendo conto però che nel tempo la malattia potrebbe cambiare e rendere necessario studiare di nuovo le caratteristiche istologiche e genetico-molecolari del tumore. In attesa di terapie con nuovi meccanismi d’azione, al momento i trattamenti integrati rappresentano un’arma in più a disposizione del medico per migliorare la prognosi di pazienti con tumore al polmone: uno studio presentato nel corso dell’ultimo congresso ASCO evidenzia come la combinazione di un farmaco antiangiogenico e di un inibitore dell’EGFR permetta di prolungare notevolmente la sopravvivenza rispetto alla sola chemioterapia. Ci può illustrare queste evidenze? In un recente studio giapponese erlotinib, terapia standard nel trattamento dei pazienti con adenocarcinoma polmonare con mutazione del gene EGFR, unico inibitore di EGFR studiato a fondo sulla popolazione europea nello studio a cui hanno partecipato Centri italiani che ho avuto l’onore di coordinare, è stato somministrato insieme a bevacizumab, unico farmaco antiangiogenico disponibile per il carcinoma polmonare. Questo anticorpo, capace di inibire la proliferazione di nuovi vasi sanguigni all’interno del tumore, associato a erlotinib, ne ha aumentato l’efficacia, migliorando del 60% la sopravvivenza libera da progressione di malattia. Nessun farmaco aveva mai prodotto tale risultato, anche se questi dati andranno confermati sulla popolazione europea e su un più ampio numero di soggetti. Per quanto riguarda il futuro, stiamo assistendo allo sviluppo dell’immunoterapia anche per questa patologia. Di cosa si tratta e cosa ci possiamo aspettare? Nell’ambito delle nuove molecole che si stanno sperimentando nei tumori del polmone che non esprimono alcuna mutazione genica (l’80% dei tumori polmonari), decisamente interessanti si stanno dimostrando gli antiPD-1/PDL-1, una classe di molecole capaci di sbloccare il “freno” che il tumore mette al sistema immunitario dei soggetti malati. Negli studi tuttora in corso questi anticorpi monoclonali, utilizzati da soli, senza la chemio, si stanno dimostrando in grado di attivare e potenziare il controllo immunologico anche sui tumori polmonari, dopo averlo dimostrato già sui melanomi. Importanti risultati sono stati ottenuti su pazienti per i quali le opzioni terapeutiche sono, nella attuale pratica clinica, o ridotte o scarsamente efficaci: pazienti ampiamente pre-trattati con chemioterapia, fumatori, pazienti con isotipo squamoso. L’immunoterapia è una nuova, promettente frontiera terapeutica per contrastare e cercare di battere il principale big killer tra tutti i tumori. (FLAVIA MARINCOLA)