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Tumore del rene: metà dei pazienti scopre la malattia solo per un caso

Maria Rita Montebelli
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Più del 50% dei casi di tumore del rene viene scoperto in maniera occasionale, in seguito a un semplice controllo per altri motivi. Una casualità che presenta conseguenze positive perché in questo modo la malattia è spesso individuata in fase precoce e può essere curata con successo. Ma circa un quarto delle diagnosi avviene in stadio avanzato, con limitate possibilità di trattamento. Oggi si stanno aprendo nuove opportunità per questi pazienti, grazie a nivolumab, un farmaco immuno-oncologico che ha dimostrato di ridurre il rischio di morte del 27% nelle persone colpite da tumore del rene metastatico rispetto alla terapia standard (everolimus). Il dato emerge dallo studio CheckMate -025, presentato al recente Congresso europeo sul cancro (European Cancer Congress, ECC) di Vienna. Nei pazienti trattati con nivolumab si è osservata una sopravvivenza globale mediana pari a 25 mesi rispetto ai 19,6 mesi di quelli trattati con everolimus (in entrambi i casi dopo un precedente trattamento anti-angiogenico). Un risultato mai ottenuto finora nel tumore del rene e così rilevante da meritare la presentazione nella Presidential Session a Vienna e la pubblicazione sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine. “È la conferma dell'efficacia dell'immuno-oncologia, un approccio rivoluzionario che stimola il sistema immunitario per combattere il cancro – spiega il professor Sergio Bracarda, direttore del Dipartimento Oncologico dell'Azienda Usl 8 di Arezzo – CheckMate -025 è il quarto studio in tredici mesi in cui è stato sperimentato nivolumab (prima nel melanoma, poi nel tumore del polmone squamoso e in quello non squamoso, ora nel cancro del rene) interrotto in anticipo perché ha raggiunto l'obiettivo ambizioso di un aumento della sopravvivenza. Un evento mai accaduto finora nella storia dell'oncologia. Questi risultati avranno un impatto concreto nella pratica clinica. Serviranno un follow up più lungo e ulteriori studi per poter parlare di sopravvivenza a lungo termine nel tumore del rene, ma i risultati già ottenuti nel melanoma con il 20% dei pazienti vivi a dieci anni aprono prospettive importanti”. Nel 2015 in Italia sono stimati circa 12.600 nuovi casi di tumore del rene, 8.300 tra gli uomini (4% di tutte le neoplasie) e 4.300 tra le donne (3%). Nel 2012 (dato Istat) i decessi sono stati 3.299 (64% tra gli uomini). “L'età media alla diagnosi è di circa 65 anni, ma si sta purtroppo abbassando – continua il professor Bracarda – Oggi la sopravvivenza dei pazienti colpiti dalla malattia in fase avanzata è mediamente compresa fra 24 e 36 mesi. Il tumore del rene presenta alcuni elementi in comune con il melanoma, e in passato le due neoplasie sono state studiate insieme per verificare l'efficacia di diversi approcci terapeutici di tipo immunoterapico. In seguito il percorso comune si è separato perché la capacità del sistema immunitario di riconoscere le cellule tumorali è risultata maggiore nel melanoma mentre nel carcinoma renale sono stati messi a punto numerosi trattamenti anti-angiogenici. Oggi i nuovi farmaci immuno-oncologici come nivolumab, che agiscono togliendo il freno indotto al sistema immunitario dal tumore, funzionano in diversi tipi di neoplasia perché il meccanismo di sblocco è trasversale a molte neoplasie. Nel cancro del rene la chemioterapia e la radioterapia si sono dimostrate, storicamente, poco efficaci. Il trattamento di elezione per la malattia localizzata è rappresentato dalla chirurgia, conservativa quando possibile. Un terzo dei pazienti, anche se operati in maniera radicale, va tuttavia incontro a recidiva. Per cui la disponibilità di nuove armi come nivolumab potrà migliorare in maniera significativa la capacità di gestione complessiva di questa neoplasia”.  

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