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Uno studio individua il legametra genetica e disturbi depressivi

Secondo una recente ricerca, eventi stressanti e traumatici durante i primi anni di vita possano esercitare un effetto sinergico con la vulnerabilità determinata dal proprio Dna

Maria Rita Montebelli
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Capire i meccanismi che portano a soffrire di disturbi depressivi, una sfida che ha coinvolto l'università Statale di Milano, l'istituto Fatebenefratelli di Brescia e il Kings College di Londra. Dai tre prestigiosi istituti proviene infatti uno studio coordinato – pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry - che ha dimostrato il legame tra geni ed eventi traumatici dell'età evolutiva nel successivo sviluppo di disturbi depressivi. La ricerca dimostra come fattori ambientali, ed in particolare eventi stressanti e traumatici durante i primi anni di vita possano esercitare un effetto sinergico con la vulnerabilità determinata dal proprio background genetico. Questo studio rafforza l'idea è che alcune varianti geniche - note anche come polimorfismi - possano interagire con l'ambiente avverso, rendendo alcuni soggetti più vulnerabili rispetto ad altri per lo sviluppo di psicopatologie. Gli autori dello studio hanno utilizzato un nuovo approccio incrociando dati provenienti da diversi tessuti, da modelli preclinici e da studi in coorti cliniche. Ciò ha permesso di identificare un network di nuovi geni, coinvolti in processi di infiammazione e di risposta allo stress, come possibili geni di vulnerabilità per la depressione. Il risultato più interessante è stato quando gli autori hanno osservato, in due diverse coorti cliniche - una coorte americana di pazienti con depressione ed esposti ad eventi traumatici e una coorte norvegese di soggetti che durante l'adolescenza erano stati separati dai genitori a causa della seconda guerra mondiale - che individui con determinate varianti in questi geni, se esposti ad eventi stressanti durante l'adolescenza,avevano una probabilità significativamente maggiore di sviluppare sintomi depressivi in età adulta. “Lo studio – commenta Marco Riva, professore di farmacologia in Statale e autore dello studio ‐sottolinea l'importanza di comprendere i meccanismi mediante i quali una predisposizione genetica possa interagire con eventi ambientali avversi, ed esercitare un effetto a lungo termine che viene poi smascherato in età adulta, con la comparsa della patologia depressiva”. I risultati di questo studio potranno permettere di individuare soggetti più a rischio per lo sviluppo di patologie psichiatriche ma anche l'identificazione di nuovi bersagli utili per lo sviluppo di farmaci, che se somministrati in via preventiva, potrebbero essere utili per minimizzare il rischio di sviluppare tali patologie”. (MATILDE SCUDERI)

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