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I primi passi dell'immunoterapianel ‘Servizio sanitario nazionale'

A Milano l'evento Salute 4.0, un focus particolare sulle innovative terapie con cellule Car-T. Ancora in fase di studio in molti settori della medicina, le CAR-T rappresentano già una realtà nel campo dei linfomi e della leucemia

Maria Rita Montebelli
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Da diversi anni gli esperti di molti settori della medicina hanno identificato l'immunoterapia come una delle più promettenti armi per combattere in futuro molti tipi di patologie. Se molti passi in avanti sono stati compiuti nella ricerca, l'immunoterapia resta ancora in molti settori soltanto ad una fase iniziale. Fortunatamente però esiste un ambito, quello della lotta alle leucemie ed ai linfomi, in cui l'immunoterapia (CAR-T) è già una realtà ed è pronta ad essere implementata all'interno del Ssn. Infatti, gli scienziati sono riusciti a sviluppare, per questi tipi di malattia, una nuova cura immunoterapica che si basa sulle cosiddette cellule ‘CAR-T'. L'acronimo, dall'inglese Chimeric Antigen Receptor T-cell, pur riferendosi letteralmente al nome delle cellule ingegnerizzate, descrive in realtà un complesso procedimento in cui alcune cellule del sistema immunitario vengono prelevate dal paziente, geneticamente modificate in laboratorio per poter riconoscere le cellule tumorali e poi re-infuse nello stesso paziente. Per favorire i tanti passaggi fondamentali necessari all'introduzione l'utilizzo della terapia Car-T all'interno del sistema sanitario, Motore Sanità, in collaborazione con Lombardia Informatica e con il contributo di Gilead e di Novartis ha organizzato il convegno ‘I modelli sanitari regionali e le nuove sfide organizzative: Focus sulle terapie geniche CAR-T', che ha coinvolto esponenti politici, manager della sanità regionale ed esperti per identificare il giusto approccio a questa sfida terapeutica entusiasmante ma problematica. Molti attori dovranno prendere parte al processo per la somministrazione di queste terapie ed i farmacisti ospedalieri non potranno avere un ruolo secondario. Emanuela Omodeo Salè, direttore Farmacia IEO e Referente Nazionale area oncologica SIFO infatti afferma che “sicuramente il ruolo del farmacista è strategico e non deve essere ignorato. E' necessaria una collaborazione con tutti gli attori coinvolti – prosegue Salè – per far fronte a tutte le complessità legate all'utilizzo delle CAR-T. Queste complessità sono principalmente procedurali (esempio accreditamento JACIE), logistiche (per il trasporto anche lungo in azoto liquido), burocratiche (notifiche di impianto e altri accreditamenti sui processi), cliniche (per via del trattamento e gestione degli eventi avversi) e di sostenibilità (seppure i costi non siano stati ancora negoziati). Tra tutte queste complessità – conclude l'esperta – i farmacisti possono dare un supporto indispensabile”. La terapia CAR-T rappresenta l'ultima frontiera nel trattamento di alcuni tipi di leucemie e linfomi, sino ad ora con scarse possibilità di cura e conseguentemente di aspettativa di vita e guarigione. Si configura come una terapia one shot che deve essere gestita da un team esperto. Tali innovative terapie in grado quindi di salvare la vita a pazienti che non hanno risposto alle terapie convenzionali, necessitano che gli enti regolatori dell'accesso ai farmaci stabiliscano rapidamente un prezzo sostenibile e sistemi di pagamento adeguati ai risultati ottenuti, e che le regioni individuino i centri di riferimento nei quali poter effettuare le terapie su pazienti selezionati ed in grado di esservi sottoposti. L'Italia però si sta preparando a questa grande sfida per dare accesso in tempi brevi ai pazienti, organizzando il percorso di cura. “La realtà italiana – spiega Valentina Solfrini della Direzione Generale cura della persona, salute e welfare, servizio assistenza territoriale, area farmaci e dispositivi medici, Regione Emilia-Romagna – ci vede con molti centri che potrebbero essere accreditati, quindi da un punto di vista di attività che si stanno svolgendo parallelamente a quelle istituzionali ci stiamo avvicinando al traguardo per l'erogazione dei trattamenti. Alcuni nostri centri hanno già completato il percorso di formazione e accreditamento, sia con le istituzioni che con le ditte erogatrici. Emergono però alcune criticità – prosegue Solfrini – dal panorama istituzionale, perché da un lato non siamo partiti con indicazioni chiare alle regioni per autorizzare i centri (alcune regioni si sono mosse autonomamente). Queste terapie inoltre potrebbero avere come problema il numero di trattamenti disponibili rispetto al numero di pazienti eleggibili, il criterio di scelta dovrà quindi essere clinico ma con aspetti etici e pratici che sicuramente dovremo affrontare nel prossimo futuro”. (MARCO BIONDI)

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