NUOVE TERAPIE

Pavia: Fibrillazione atriale ‘risolta’ con la crioablazione

Maria Rita Montebelli

La fibrillazione atriale è il disturbo cronico del ritmo cardiaco più diffuso: si calcola infatti che un anziano su dieci intorno agli 80 anni e una persona ogni 200 nella fascia d’età tra i 50 e i 60 anni ne soffra. Oggi potrebbe essere possibile debellare in modo definitivo questa patologia, grazie alla crioablazione, metodica sperimentata con successo per la terza volta al mondo, su un cinquantenne pavese. Nella crioablazione un sottile catetere viene inserito nella vena femorale del paziente e viene fatto risalire fino all’interno dell’atrio sinistro del cuore. All’interno del catetere che funge da ‘guida’ viene fatto poi scorrere un piccolissimo palloncino gonfiabile che, una volta posizionato, viene ghiacciato a temperature di -40°/-50° per alcuni minuti, creando una lesione che elimina i tessuti cardiaci atriali responsabili dell’aritmia. Un’operazione particolare. Nel caso del paziente italiano - che ora sta bene e ha ripreso la sua vita regolarmente - la procedura è stata effettuata tramite accesso giugulare, si è scoperta in lui una rara particolarità anatomica, detta ‘atresia della vena cava inferiore’ per la quale il paziente non presenta una vena femorale unica che risale direttamente verso il cuore; al suo posto, esiste un circuito di vasi più piccoli e irregolari che sostituiscono la funzione della vena cava ma attraverso i quali è impossibile far passare il catetere necessario all’ablazione. L’atresia della vena cava inferiore è una anomalia congenita non patologica, che non comporta alcun sintomo e che può rimanere ignota senza conseguenze per la salute ma che preclude tutte le procedure che prevedono l’inserimento di un catetere venoso. Affetti dalla medesima patologia anche i primi due pazienti nei quali è stato effettuato lo stesso intervento di crioablazione con accesso dal collo presso la Poznan University of Medical Sciences (PUMS) di Poznan, Polonia e la Klinikum Osnabrück di Osnabrück, Germania. “Ci siamo adattati alla particolare situazione anatomica del paziente e abbiamo studiato un accesso alternativo. La procedura ha previsto l’accesso dal collo e anche se svolta ‘a rovescio’ rispetto alla nostra prospettiva abituale, è stata efficace e il paziente è stato dimesso. – spiega Cesare Storti, responsabile dell’unità elettrofisiologia e cardiostimolazione dell'Istituto di cura Città di Pavia - siamo felici di aver potuto offrire al nostro paziente una soluzione meno invasiva dell’intervento cardiochirurgico a cui era candidato, dato che la sua aritmia non rispondeva con successo ai trattamenti farmacologici e peggiorava sensibilmente la sua qualità della sua vita con attacchi aritmici ricorrenti e frequenti accessi al pronto soccorso. L’intervento è stato possibile anche grazie al supporto dell’équipe di chirurgia vascolare diretta da Giovanni Bonalumi, il passaggio attraverso la giugulare è un passaggio delicato, molto più piccolo della vena cava e i colleghi vascolari sono stati di supporto per scongiurare eventuali complicazioni generate dall’introduzione del catetere". La fibrillazione atriale.  In questa patologia cardiaca l’accelerazione anomala del battito cardiaco determina una disorganizzazione dell'attività atriale e dunque la possibile formazione di coaguli di sangue all’interno delle cavità cardiache. I coaguli a loro volta possono poi essere immessi nella circolazione. Gli individui che soffrono di fibrillazione atriale hanno infatti un rischio elevato di arresto cardiaco e ictus, e vengono pertanto sottoposti a una terapia con farmaci anticoagulanti che garantiscono una corretta fluidificazione del sangue. L’esigenza di una terapia che sia risolutiva della fibrillazione atriale ha promosso negli anni la ricerca e lo sviluppo di soluzioni interventistiche tramite l’ablazione, che mira a distruggere i tessuti da cui si origina l’aritmia, bloccando il cortocircuito elettrico del cuore. L’èquipe guidata dal dottor Storti a Pavia è stata tra le prime in Italia ad utilizzare la crioablazione. Questa metodica distrugge i tessuti cardiaci da cui origina l’aritmia grazie all’energia del freddo, diversamente alla tecnica di ablazione ‘classica’ che utilizza la radiofrequenza, creando delle micro bruciature sui tessuti. (MATILDE SCUDERI)