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L'emofilia? Niente paura!Un libro spiega come fare

Il nuovo volume di Brianna Carafa d'Andria, il volume ‘Emofilia dalla A alla Z, dalla gioco terapia allo sport agonistico' insegna alle famiglie dei piccoli pazienti e ai medici ad affrontare questa patologia in modo sereno

Maria Rita Montebelli
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Malattia ereditaria, l'emofilia viene generalmente diagnosticata durante l'infanzia soprattutto nelle sue forme più gravi. Come aiutare i genitori e i piccoli pazienti ad affrontare questa nuova condizione senza paura? Con informazioni chiare, corrette e facilmente accessibili! È stato questo l'intento della terza pubblicazione dedicata all'emofilia di Brianna Carafa d'Andria, il volume ‘Emofilia dalla A alla Z, dalla gioco terapia allo sport agonistico', che ha ricevuto il patrocinio della Federazione associazioni emofilici (FedEmo) e della Fondazione Paracelso, ed è stato realizzato con il supporto di Bayer. L'iniziativa dedica particolare attenzione alla ‘gioco terapia nell'emofilia', vera e propria strategia psicologica applicata con successo da Brianna Carafa d'Andria nei primi anni di gestione della salute del figlio. “Il gioco è una cosa seria – spiega l'autrice – riesce a contrastare la paura creando consapevolezza nei piccoli pazienti. L'infusione intravenosa è ancora oggi il cardine del trattamento dell'emofilia, ma, com'è normale, genera qualche timore nei pazienti più piccoli. L'accettazione serena della terapia è fondamentale e in questo la gioco terapia aiuta: inserire le farfalline (prima con e poi senza ago) in un contesto di gioco aiuta crea una naturalezza che fa accettare l'infusione. Bisogna far capire ai piccoli, ma anche ai genitori che non c'è nulla che impedisca una vita piena e soddisfacente alle persone con emofilia, anche se ci sono delle ingiustizie che vanno duramente contrastate”. Nelle pagine viene approfondito un altro tema di grande attualità: quello relativo all'attività fisico-sportiva/cer­tificazione di idoneità agonistica nei pazienti affetti da emofilia. Il figlio dell'autrice è stato infatti il primo atleta in Italia affetto da emofilia A di tipo grave ad ottenere l'idoneità agonistica nell'equitazione, nel nuoto, nello sci alpino, nel canottaggio e nel pentathlon moderno, già 15 anni fa. Ma non è sempre semplice fare sport per chi è affetto da emofilia e la situazione cambia molto a livello regionale“. “Siamo felici di condividere questa iniziativa editoriale – dichiara Cristina Cassone, presidente Fedemo - Riteniamo infatti che il volume rappresenti uno strumento prezioso per tutti i genitori dei piccoli pazienti emofilici, in grado di supportarli dopo una diagnosi di emofilia. Ma aiuta anche a evidenziare delle problematicità, come quella delle differenze tra sistemi sanitari regionali. Fedemo si batte da anni per offrire le stesse opportunità a tutti i pazienti con emofilia. In realtà ci sono protocolli ben definiti a livello nazionale, ma non vengono quasi mai rispettati. Uno dei temi più dibattuti è quello dello sport, su cui Fedemo è impegnata da tre anni. A rilasciare il certificato di idoneità per praticare sport e per praticarlo a livello agonistico sono i medici sportivi, che tuttavia sono spesso riluttanti di fronte a un paziente con emofilia. Ovviamente ci sono regioni più virtuose, dove è più semplice far valere il parere dello specialista che segue il paziente, ma è profondamente ingiusto che non sia così ovunque”. Al professor Raimondo De Cristofaro, servizio malattie emorragiche e trombotiche del policlinico Gemelli di Roma, è stata affidata la revisione scientifica del libro. “Dal volume – afferma De Cristofaro – emerge la lucida e positiva reazione di una madre a una diagnosi inattesa di una patologia genetica come l'emofilia. In questo momento storico c'è grande necessità d'informazione per contrastare le fake news che troppo spesso capita di trovare in rete, consultando il cosiddetto ‘dottor Google'. Occorre soprattutto rasserenare i genitori: l'atto terapeutico è parte del quotidiano del paziente, come gli occhiali lo sono per la persona miope. Adesso nuovi prodotti, che garantiscono una sicurezza A livello emostatico. E poi c'è la terapia genica all'orizzonte – introduzione di un gene nel Dna che in grado di far produrre al paziente stesso i fattori di coagulazione -  che rappresenterebbe veramente la soluzione al problema”. “Da sempre il nostro impegno è rivolto a dare una risposta concreta alle necessità e ai bisogni delle persone affette da emofilia – conclude Patrizia Guarraci, specialty business unit head di Bayer – Abbiamo voluto dare il nostro supporto a questa iniziativa poiché rappresenta un valido strumento per le famiglie per affrontare al meglio la quotidianità di questa patologia”. Rivolto essenzialmente ai genitori di bambini con emofilia ma anche a insegnan­ti, personale paramedico, allenatori sportivi finanche alle babysitter, il volume sarà distribuito tramite le associazioni pazienti e i centri emofilia e intende trasmettere l'attiva proposta di una madre a trovare l'equilibrio necessario per lavorare proficuamente in collaborazione con tutti i membri della famiglia e del personale sanitario coinvolto nella cura del bambino con emofilia. (MATILDE SCUDERI)

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