F.A.V.O.

Pazienti oncologici: nuove risposte a nuovi bisogni, oltre ogni barriera

Maria Rita Montebelli

F.A.V.O. è nata nel 2003 come ‘Associazione delle associazioni’ di volontariato a servizio dei malati di cancro e delle loro famiglie. Ci racconta dopo oltre 15 anni di attività cos’è F.A.V.O. oggi e quali sono stati i principali traguardi raggiunti per i pazienti? Negli ultimi anni, con la diffusione della diagnosi precoce e l’avanzamento delle terapie innovative, ci si ammala di più, si muore di meno e soprattutto si guarisce o si convive con la malattia molto più che in passato. Cronicità e guarigione sollevano nuove necessità alle quali F.A.V.O. è stata in grado di rispondere, nei suoi quindici anni di attività, attraverso un’organizzazione che ha permesso alle Associazioni di crescere, passando da un ruolo del fare a un ruolo del pensare e del progettare nell’interesse dei malati. Il lavoro di F.A.V.O. ha portato all’approvazione del D.lgs. 61/2000 che riconosce al malato di cancro il diritto a lavorare part-time durante le cure per poi tornare al tempo pieno quando si sentirà di farlo, ed ancora con la L.102/2009 il riconoscimento della disabilità transitoria durante il trattamento chemioterapico, direttamente dall’INPS in via telematica, in 40 giorni rispetto ai precedenti tempi lunghi delle ASL, variabili dai 4 a 12 mesi.                                                                                                                        Ogni giorno in Italia vengono diagnosticati circa 1.000 nuovi casi di cancro e sono quasi 3,5 milioni le persone che hanno ricevuto una diagnosi: sono numeri impressionanti che hanno ricadute sociali ed economiche ad alto impatto. In questo contesto qual è il portato del lavoro delle Associazioni Pazienti? Il Volontariato oncologico ha una sua peculiarità: le Associazioni sono fondate e gestite dagli stessi malati che impegnano una parte del loro tempo per aiutare altri malati. Oggi in Italia vivono circa 900 mila persone guarite dal cancro, e questo è un dato nuovo ed è estremamente importante perché pone in essere un nuovo obiettivo, che è quello di lottare per eliminare le barriere che ostacolano il ritorno alla vita normale, in primis l’assenza di un effettivo ed efficace processo di riabilitazione. Tra i bisogni negati la riabilitazione è un diritto fondamentale, se si vuole restituire alla vita attiva i malati guariti e consentire ai malati cronici il mantenimento del posto di lavoro. Inoltre, il riconoscimento che si può guarire deve cancellare lo stigma della malattia: una diagnosi in età giovanile non deve rappresentare un ostacolo insormontabile alla piena realizzazione della propria vita, negando il diritto di avere un’assicurazione sanitaria privata o integrativa e di ottenere un mutuo bancario. La nostra prossima battaglia è, dunque, arrivare a una legge che consenta il diritto all’oblio. L’universo delle Associazioni Pazienti vive una fase storica di assoluta rilevanza, alla luce delle nuove normative e dell’imponente dibattito sul loro ruolo non soltanto nella società civile, ma anche all’interno dei processi decisionali della sanità. Secondo lei quanto è ascoltata attualmente la voce dei pazienti dalle Istituzioni? Il nostro ruolo è quello di portare all’attenzione della società civile i problemi irrisolti dei malati di cancro, fornendo idee e strumenti per risolverli. Con l’Accordo recente Stato-Regioni si è formalmente riconosciuto il ruolo indispensabile delle Associazioni per il buon funzionamento delle Reti oncologiche, collocandole nei punti strategici della loro gestione, dalla fase di programmazione e direzione a quella di accoglienza e di partecipazione attiva ai PDTA. Ora stiamo lavorando affinché l’accreditamento delle Associazioni avvenga attraverso un format riconosciuto dagli esperti e attuato in modo omogeneo in tutte le Regioni in modo che le associazioni dei malati possano avere i riconoscimenti che la Conferenza Stato-Regioni ha loro assegnato. Le Associazioni hanno inoltre un ruolo importante anche nel settore della ricerca, che è un settore strategico anche per il miglioramento della qualità della vita delle persone malate.  F.A.V.O. si occupa anche della formazione delle Associazioni federate in ogni parte d'Italia per essere co-operatori di ricerca, contribuendo, ad esempio, ad assicurare assistenza multidisciplinare nel follow up dei malati. Oggi non è possibile pensare a una ricerca sulla qualità della vita e sugli effetti tardivi delle cure senza di essi. F.A.V.O. ha promosso questa attività di ricerca che non c’era! (EUGENIA SERMONTI)