Alzheimer, brevettate le nanoparticelle che possono prevenire la malattia
Particelle che entrano nel cervello e rimuovono le placche della proteina, nota come beta-Amiloide, che si formano nella malattia di Alzheimer. Le hanno chiamate Amyposomes e sono state letteralmente costruite (ingegnerizzate, per la precisione) e brevettate dai ricercatori dell'Università di Milano-Bicocca. Per il momento sono state testate con successo nel modello animale, quindi non ci sono ancora applicazioni per l'uomo. La riduzione delle placche di beta-Amiloide è stata confermata dalla tomografia a emissione di positroni (PET, Positron emission tomography), una tecnica di bioimaging, alla quale sono stati sottoposti i topi trattati con le nanoparticelle. Lo studio, che è la parte conclusiva del progetto Europeo NAD (Nanoparticles for therapy and diagnosis of Alzheimer Disease), è stato pubblicato su The Journal of Neuroscience. Una vita normale? - Il lavoro è frutto di una collaborazione tra l'Università di Milano-Bicocca e l'IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri' di Milano a cui ha contribuito, per le analisi PET, anche l'Università di Turku, in Finlandia. "La terapia – spiega Massimo Masserini, ordinario di Biochimica dell'Università di Milano-Bicocca e coordinatore del progetto europeo NAD - è basata su una strategia, impossibile da realizzare con un farmaco convenzionale, che utilizza uno strumento nanotecnologico, cioè particelle di dimensioni di un miliardesimo di metro. Nella ricerca pubblicata su The Journal of Neuroscience il trattamento è riuscito a frenare la progressione della malattia, ma stiamo anche valutando, per ora sempre sul modello animale, la possibilità di prevenirne l'insorgenza, intervenendo quando le capacità cognitive e la memoria sono solo minimamente compromesse. Se in futuro questi risultati saranno verificati nell'uomo, il trattamento, abbinato ad una diagnosi precoce permetterebbe ai malati di Alzheimer di condurre una vita pressoché normale".