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Coronavirus, il farmaco che abbatte del 57% il rischio di contagio: un'ancora di salvezza

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Finché scarseggiano i vaccini, bisogna trovare un'alternativa per neutralizzare il Coronavirus. Ci si prova, con studi clinici e sperimentazioni, in diverse nazioni, come gli Stati Uniti. Non ancora in Italia, però, dove l'Aifa ha espresso il proprio parere negativo a un'autorizzazione emergenziale, in deroga alle procedure di approvazione europee, dell'anticorpo monoclonale Bamlanivimab, sviluppato da Eli Lilly contro il nuovo coronavirus, confermando la propria decisione il 22 dicembre scorso, informandi di aver «suggerito all'azienda l'opportunità di presentare una richiesta di autorizzazione all'Ema», l'ente europeo per il farmaco. Solo il 15 gennaio, Giorgio Palù, presidente dell'Aifa, ha comunicato che anche l'Italia partirà con un progetto ricerca sugli anticorpi monoclonali, di Eli Lilly e Regeneron. L'azienda farmaceutica Usa intanto insiste sull'efficacia del suo prodotto, sulla base di uno studio condotto dai suoi ricercatori e dei National Institutes of Health (NIH) negli Usa, secondo il quale il farmaco potrebbe prevenire circa l'80% dei casi Covid-19 tra i residenti e il personale delle case di cura, riducendo i rischi di infezione tra il personale e gli anziani, per cui andrebbe approvato come presidio preventivo.

 

 

 

Risultati - Si sono concentrati innanzitutto sui più deboli, cioè sui residenti delle case di cura, che, spiega la Eli Lilly, sebbene rappresentino meno del 5% di tutti i casi confermati di Covid-19 negli Stati Uniti, costituiscono tuttavia circa il 37% di tutti i decessi legati alla malattia. Il team ha valutato il rischio di contagio tra oltre mille residenti e personale di case di cura e luoghi di assistenze a lungo termine, confrontando il numero di infezioni tra coloro che avevano ricevuto il Bamlanivimab e coloro a cui era stato invece somministrato un placebo. Il farmaco anticorpale è stato autorizzato dalla Food and Drugs Administration per il trattamento dei casi lievi e moderati, ma Eli Lilly spingerà per l'approvazione del presidio come prevenzione. «Tra i residenti e il personale delle case di cura - scrivono gli autori - chi ha ricevuto il farmaco ha mostrato il 57% di probabilità in meno di contrarre Covid-19 rispetto al gruppo di controllo. Solo tra i residenti delle case di cura, il rischio è stato ridotto dell'80% tra coloro che avevano ricevuto il farmaco anticorpale». Da noi, invece, prevale il sospetto, benché proprio in Italia, negli stabilimenti della Bsp Pharmaceuticals a Latina, si produca il Bamlanivimab per conto della Eli Lilly, che ha una propria sede distaccata anche a Sesto Fiorentino.

 

 

 

Prevenzione - La multinazionale americana sottolinea l'importanza di proteggere i soggetti più vulnerabili e la necessità di proseguire le campagne vaccinali. «Bamlanivimab non rappresenta un'alternativa alla vaccinazione - avvertono gli scienziati - ma potrebbe contribuire alla salute e al benessere degli anziani nelle case di cura in attesa dell'inoculazione. Alleviare il carico di stress delle strutture cliniche sarebbe sicuramente un vantaggio nella situazione emergenziale». Inoltre, «la prevenzione con anticorpi monoclonali sarà molto utile con le mutazioni e i nuovi ceppi emersi. La nostra soluzione, ad esempio, dovrebbe essere efficace contro la variante inglese, ma non abbiamo prove per affermare lo stesso dei ceppi emersi in Sud Africa e Brasile, per questo dobbiamo continuare a investire in questo campo di ricerca». Per non farsi sfuggire l'opportunità, in Germania, si utilizzeranno sia il Bamlanivimab sia il Casirivimab/Imdevimab della biotech statunitense Regeneron Pharmaceuticals, il cui primo testimonial, che ne ha beneficiato personalmente, è stato l'ex presidente Donald Trump. A Berlino ne sarebbero già state acquistate 200mila dosi, per un valore di circa 400 milioni di euro. In un primo momento, la cura sarà messa gratuitamente a disposizione delle cliniche universitarie tedesche, per essere poi utilizzata quando arriverà anche il via libera dell'Ema. L'Istituto federale per i vaccini e i farmaci biomedici (PEI), tuttavia, ritiene che i farmaci possano comunque essere utilizzati in Germania «dopo una valutazione individuale del rapporto rischio/beneficio». Chi starà fermo a guardare, invece, non avrà nemmeno elementi di giudizio.

 

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