Roberto Gervaso a nudo: "Montanelli, la depressione, Scalfari, il sesso con la gobba e la 70enne"
"Ho avuto tre depressioni spaventose, un tumore alla prostata, due bypass. Io accetto tutto e non subisco niente. Con animo stoico e spirito laico". È una lunga intervista quella di Roberto Gervaso al Giornale, a cuore aperto. Come quando a cuore aperto ci è finito davvero, in una sala operatoria: "Mentre il mio amico cardiologo Franco Romeo stava per operarmi a cuore aperto, a mia figlia al telefono ho detto: Cotto e mangiato. Certo se adesso mi venisse una linea di febbre, la chiamerei disperato... A 78 anni so che non posso essere indenne". L'animo del giornalista, dello storico, del polemista, del grande amatore riassunte in qualche migliaia di battute. Si parte dai dolori privati ("I miei nipoti, teppistelli, hezbollah che andrebbero arrestati, mi chiamano Bamba anche al ristorante. Non hanno rispetto"), si passa per il suo grande maestro Indro Montanelli, che lo ha "salvato" dalla depressione giovanile quand'era studente in Michigan ("Fui costretto a tornare in Italia). Mussolini grande leader - Si sfiora poi Benito Mussolini: "I poteri forti, fra le squadracce rosse, che avrebbero significato il comunismo nel nostro paese e quelle nere, pensarono fossero meglio le nere. Pensarono di potere addomesticare Mussolini, ma lui è stato uno dei più grandi leader politici del suo tempo, pur cinico e spregiudicato quanto mai". Un grande leader, "fino al '35, anche a detta degli stranieri e perfino di Pertini". Sesso con la gobba e la 70enne - Poi il papillon ("Lo porto solo per vanità ed esibizionismo"), le donne ("Le ho amate tutte. Una era gobba, altre bellissime, come mia moglie, che non a caso era modella per Valentino, una balbuziente, due asmatiche... Mi sono piaciute tutte: belle, brutte, grasse, magre, colte, analfabete, principesse, contadine"), ovviamente il sesso ("A trent'anni ebbi l'onore di possedere un'infermiera di 70: lo scriva, il mio fiore all'occhiello. Sono un pochino estroso, e ho avuto una vita estrosa"). I nemici: i radical chic e Scalfari - E poi i suoi grandi nemici: "I radical chic, quelli che poi sarebbero diventati il gruppo Repubblica-Espresso, il Corriere della sera di Piero Ottone. Ambivano al ruolo di Catoni, e l'infallibile Pizia era Scalfari. Si illusero di forgiare i ceppi con cui incatenare la libertà, e in parte ci riuscirono". Il suo commento è spiegato: "Borghesi trasformati in sanculotti che pasteggiavano a champagne e caviale e necessitavano di calunnie come agli avvoltoi servono carogne. Abbaiavano sempre a favore di qualcuno e hanno contribuito più di tutti a invelenire e disonorare la democrazia".