Filcams: tracollo consumi per famiglie, nel 2015 -6,3% rispetto a 2008
Roma, 15 feb. (Labitalia) - I consumi delle famiglie italiane nel 2015 sono calati del 6,3% rispetto al 2008 e, per far fronte alle difficoltà della crisi, sono profondamente cambiate le modalità di acquisto. E' quanto emerge dal Rapporto 2015 'I consumi delle famiglie italiane', realizzato dalla Filcams Cgil, in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio e l'Istituto Tecnè. Secondo lo studio, gli italiani, per ovviare alla crisi, cercano il miglior prezzo rispetto alla qualità, fanno scorte quando il prodotto è in offerta, acquistano prodotti di minore qualità nei discount. O, ancora, puntano sui prezzi scontati negli outlet, comprano articoli usati, ricorrono sempre più agli acquisti online. La ricerca, che si basa su un campione di 4mila intervistati, mette in evidenza quanto siano cambiati i comportamenti e i consumi delle famiglie italiane, soprattutto nella seconda fase della crisi dal 2011 in poi. La spesa media, nel 2015, è calata del 2,9% rispetto a 10 anni fa, addirittura di 157 euro mensili (6,3%) dal 2008 e il 29% degli intervistati dichiara consumi inferiori alle sue necessità reali. Solo un terzo delle famiglie non ha cambiato gli standard di consumo e solo poco più del 5% lo ha migliorato. Ma circa un quarto dei cittadini ne ha ridotto contemporaneamente quantità e qualità e un altro terzo ha ridotto solo la quantità. E Internet è entrato nella quotidianità: il 30% dei consumatori naviga per cercare il miglior prezzo di vendita dei prodotti alimentari e il 63% di quelli non alimentari. Cambiano le strategie di acquisto messe in campo dalle famiglie: cercare il miglior prezzo rispetto alla qualità; fare scorte quando il prodotto è in offerta; acquisti di minore qualità nei discount o a prezzi scontati negli outlet; quando possibile acquistare usato. Per quanto riguarda gli orari dei punti vendita, gli italiani prediligono l'orario continuato (55%) ma non le 24 ore di apertura (che risulta la scelta più bassa con il 15%); mentre si dividono tra quanti ritengono migliore l'apertura dell'esercizio 6 giorni su 7 (47%) e quanti vorrebbero l'apertura 7 giorni su 7 (45%). La quasi totalità (93%) ritiene che in ogni caso i diritti dei lavoratori devono essere garantiti. Sulla base di questi dati, la ricerca identifica quattro tipologie di consumatori suddividendo il campione per caratteristiche socio economiche: il 41% sono i 'mediani', che rappresentano i consumatori del ceto medio; il 28% sono i 'vulnerabili' e rappresentano le fasce più deboli della popolazione; il 18% sono i 'delusi' della propria condizione attuale; il 13% sono i 'benestanti'. La crisi, secondo la ricerca, "ha profondamente modificato le abitudini e i consumi". "Si è troppo poco indagato sul fatto - avverte - che otto anni è un periodo abbastanza lungo per consolidare cambiamenti duraturi sia qualitativi che quantitativi tra le persone". "Infatti, se si tornasse agli standard economici e di vita pre-crisi - sottolinea - ben il 29% degli intervistati dichiara che non modificherebbe comunque i livelli e le modalità di spese attuali. Un dato di rilievo troppo spesso non tenuto nella giusta considerazione da chi sostiene che, finita la crisi, tutto tornerebbe come prima".